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PREMESSA - Nel primo capitolo di questa trattazione ho preso in esame alcune delle rocce presenti nelle immagini trasmesse dai rovers marziani Spirit e
Opportunity, ipotizzandone l’origine biologica. Ribadisco che le forme di vita presenti nel Sistema Solare sono presumibilmente classificabili in milioni di specie
diverse, intelligenti e non, per cui la mia analisi è in questo caso limitata alle sole specie concorrenti alla formazione di quelle che ho chiamato un po’
scherzosamente “casette”. In questo capitolo affronterò più dettagliatamente due aspetti, il primo connesso ai meccanismi di crescita (o costruzione che dir si voglia)
delle casette ed il secondo riguardante la tesi in base alla quale le casette non sono limitate al solo ecosistema marziano.
LE PICCOLE CASETTE CRESCONO - Abbiamo visto come nella loro fase iniziale (o giovanile) le casette presentino già dei peculiari caratteri distintivi:
1.
geometria cava all'interno
2.
concentrazione interna di ammassi fibrosi intricati (lineari e radiali)
3.
canale longitudinale centrale superiore e ramificazioni ortogonali bilaterali
4.
struttura portante a sandwich caratterizzata da "croste" depositate sulla struttura reticolare sospesa costituita dal canale e dalle ramificazioni di cui sopra
5.
geometria descrivibile come solido di traslazione lineare a sezione pseudo-triangolare
6.
presenza di “pieghe” descrivibili come linee di discontinuità nella formazione della struttura
Restano da individuare due meccanismi fondamentali, il primo relativo alla generazione delle forme “iniziali” ed il secondo connesso alla crescita fino alla fase
“matura”. Per affrontare quest’ultima questione è necessario mettere a confronto il materiale fotografico NASA con le mie ricostruzioni virtuali e verificarne la
compatibilità. Ricordo che l’analisi è condotta su elementi completi e non sulle miriadi di frammenti circostanti provenienti dalla rottura delle strutture stesse.
Contemporaneamente vedremo come sulla Luna si possano rinvenire forme sostanzialmente identiche.
Fig. 1 - Ricordiamo prima di tutto la forma iniziale
Fig. 2 - E quindi la fase successiva di crescita
Nel formarsi la struttura è influenzata sia dall’inclinazione del canale centrale superiore, sia dall’apertura delle ramificazioni laterali, secondo schemi comunque
ripetitivi ed ecotipici. Nella tavola seguente potete vedere alcune geometrie di crescita in forma schematica (le forme reali presentano di norma variazioni nella
apertura lungo l’asse longitudinale).
Fig. 3
Vediamo ora in particolare uno dei casi tipici, quando cioè il canale centrale emerge dal terreno verticalmente e poi si dispone parallelo al terreno stesso. Questi
sono esempi reali:
Fig. 4
NB: le frecce indicano i punti nei quali sono stati effettuati dalla NASA interventi di “make-up” (censorio?). Per una corretta visione dotarsi di occhialini 3D (lenti blu
e rossa). Eccone un altro esempio:
Fig. 5
E vediamone ora lo schema di crescita virtuale:
Fig. 6
Una fase ulteriore si presenta quando il canale centrale, probabilmente influenzato dal peso stesso della struttura tende a riorientarsi verso il basso, creando una
geometria ad arco, da alcuni definita “totem”.
Fig. 7
Fig. 8
In questa categoria troviamo anche la famosa formazione definita dalla NASA “Humphrey”:
Fig. 9
Un aspetto caratteristico dei totem è di presentare spesso bucature laterali, come in questo esempio lunare:
Fig. 10
Una possibile spiegazione ci proviene dall’analisi virtuale:
Fig. 11
Come si può vedere la genesi della struttura produce un vuoto nel settore centrale, quindi ci saranno presumibilmente meno ramificazioni laterali, con conseguente
deficit di irrorazione e discontinuità nell’accumulo dei depositi salini. Nella foto precedente, accanto al totem, c’è un altro tipo di struttura simmetrica, caratterizzata
da una specie di “gobba” superiore e apertura tubolare anteriore. Tale caratteristica è riscontrabile in ampia casistica sia su Marte (fig. 12), che sulla Luna
(figg. 13, 13, 15) :
Fig. 12
Fig. 13
Fig. 14
Fig. 15
In questi casi specifici non solamente si ha una variazione di inclinazione
del canale centrale lungo l’asse longitudinale, ma si verifica anche una
variazione nell’angolo di apertura delle ramificazioni laterali, con
conseguenti influenze sulla geometria visibile. Questo è lo schema base
preliminare:
Fig. 16
E questo (qui sotto) è lo schema di crescita assiale:
Fig. 17
Ricordiamo sempre che la “pelle” esterna è un’incrostazione
depositata sulle ramificazioni del canale centrale superiore durante il
meccanismo di crescita (fig. 18) fino ad arrivare alla forma
definitiva (fig. 19).
Fig. 18
Fig. 19
Un aspetto decisamente intrigante di quanto esposto finora è che esistono consistenti indizi che questo fenomeno si verifichi anche su scala macro-strutturale.
Guardando la pianta in basso a destra nella prima immagine di questo capitolo, noterete che la forma della casetta ricorda le dune marziane viste in alcune foto
satellitari. Ricordo che molti scienziati NASA ritengono inspiegabile come possano esistere dune su Marte con questa forma, e di dimensioni molto superiori a quelle
terrestri, vista la rarefazione atmosferica. A questo punto ho tra me e me ipotizzato che, se la mia idea era giusta, delle forme di vita marziane che avessero voluto
"captare" il vapore acqueo atmosferico si sarebbero organizzate secondo una forma compatibile con flussi di tipo eolico, catturando le molecole sulle ramificazioni e
usandone i sedimenti da evaporazione per rendere strutturalmente solido il tutto, delegando al canale centrale il collegamento con liquidi e nutrienti subsuperficiali
e probabilmente una parziale distribuzione "di supporto" alle ramificazioni stesse. Per iniziare a verificare questa teoria ho preso in esame una foto
qualunque di dune...
Fig. 20
Come vedete la forma è schematicamente quella e soprattutto nei punti erosi si vedono abbastanza chiaramente delle forme fibrose reticolari (cioè le "ramificazioni"
di cui sopra). In pratica, sempre se questa teoria verrà confermata da ulteriori elementi, le dune hanno la forma che avrebbero in condizioni normali sulla Terra, ma
sono in realtà costruzioni di micro-organismi litogeni in base all'"idea" di duna, così come desunta dalle linee di forza dell'azione eolica.
Questo naturalmente a meno che non si scopra che le ramificazioni sono tali perchè facenti parte di una qualche forma di organismo pluricellulare complesso
(analogo alla vegetazione terrestre, per intenderci), ma questo dalle foto è ben difficilmente desumibile e comunque irrilevante rispetto alla teoria. Qualcuno
potrebbe obiettare che, se è vero come è vero che forme uguali sono reperibili su Marte e sulla Luna, l’origine non può essere la stessa, visto che sulla Luna acqua
e vento non ci sono e quindi non esisterebbero le condizioni per cui forme di vita partecipassero al sopradescritto ciclo dell’acqua. Curiosamente la NASA comunica
di solito molto meno di quello che è presente nelle foto che pubblica.
In questa foto LROC (Cratere Fabbroni, 60 Km. a Sud-Ovest di Taurus-Littrow) potete vedere consistenti tracce di acqua di percolamento dalle pareti del cratere
stesso. L'area compresa nella foto è lunga circa 1.800 metri. La traccia più scura (centro-sinistra nella foto) è la più recente; l'acqua scaturisce da un inviluppo
fibroso tubolare che emerge parzialmente dal terreno, circa 500 metri sotto il bordo del cratere.
Fig. 21
In buona sostanza la presenza di acqua sulla Luna non è limitata alle regioni polari, ma è riscontrabile esattamente nelle forme e quantità già viste su Marte e con
tutta probabilità l’atmosfera, per quanto esigua, è comunque sufficiente a supportare una pur debole azione eolica sul terreno. Non stupitevi quindi se negli anni
futuri queste informazioni diventeranno di dominio pubblico, per chi voglia spendere tempo ed energie nell’analisi del materiale fotografico esse sono disponibili già
oggi. Se, come dice il famoso astrofisico Hawking, la validità di una teoria scientifica non risiede nella sua correttezza formale, ma nella sua capacità di produrre
previsioni verificabili, allora non resta che armarsi di pazienza ed aspettare che le verifiche si facciano davvero*.
GEMELLI DIVERSI - Torniamo ora alle nostre casette. Come abbiamo visto, pur nella costanza della metodologia di generazione, queste forme presentano una
notevole complessità, e questo è il fondamentale motivo che mi ha portato ad escluderne l’origine abiogena. Una di queste formazioni potrebbe anche essere
spiegabile in base a casuali eventi geologici (vulcanici o altro), ma strutture uguali in posti (e talora pianeti) diversi rendono l’ipotesi irrealistica.
In ambito NASA i più esoterici hanno ipotizzato la concorrenza di organismi endolitici per spiegare le bucature che tanto hanno incuriosito gli appassionati in questi
anni. Ma anche questa spiegazione non renderebbe conto della costanza di forma nelle strutture. Tutto diventa invece più che logico postulando la presenza di
organismi litogeni, come nel caso dei termitai terrestri.
Fig. 22
Questi ultimi tra l’altro incidentalmente hanno dei “cugini” lunari:
Fig. 23
Un’ulteriore conferma la possiamo trovare nella presenza di forme complesse uguali concentrate in spazi limitati. Talora in una decina di metri quadri si trovano
ecotipi uguali, mentre nelle zone adiacenti si hanno ecotipi diversi (anche se spesso uguali tra loro).
Fig. 24
Almeno apparentemente gli esemplari lunari appaiono più solidi, probabilmente perché più antichi e fossilizzati, ma le forme sono quelle e la struttura pure, visto
che nelle parti inferiori le ramificazioni reticolari sono perfettamente visibili. La spiegazione è probabilmente abbastanza semplice e connessa al meccanismo
iniziale di formazione, ma questo è un dettaglio che affronterò nella prossima occasione.
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