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generalità sul pianeta

E' il più vicino alla Terra fra i pianeti esterni ed è il quarto, rispetto al Sole. Marte orbita su un percorso ellittico di eccentricità.pari a 0,093, con una inclinazione sull'eclittica di 1º,9. La distanza media dal Sole è di 227,8 milioni di km (1,52 UA); il periodo di rivoluzione siderale è di 1,88 anni.Il periodo sinodico è di 2 anni e 50 giorni circa paragonato alla Terra; trascorso il quale Marte si trova in opposizione rispetto al Sole ed è nelle condizioni più adatte sia per l'osservazione che per i lanci di sonde spaziali (in genere il periodo migliore si verifica ogni 26 mesi).

La distanza tra Terra e Marte, a causa anche dell'eccentricità dell'orbita terrestre, può subire variazioni, all'opposizione, tra circa 55 e 101 milioni di km. Quando la Terra si trova all'afelio della sua propria orbita, e Marte rispettivamente al suo perielio, si verifica una cosiddetta "grande opposizione", come quella del 13 giugno 2001. Esse si verificano in genere ogni 15-17 anni.  

Il diametro equatoriale è di 6787 km, con uno schiacciamento polare di 0,009; la massa è 0,107 volte quella della Terra, l'accelerazione di gravità superficiale è solo il 38% di quella terrestre e la velocità di fuga 5,0 kmxs-1. L'apparente bassa gravità superficiale e la relativa massa saranno oggetto di un approfondimento teorico in una sezione apposita di Pianeta Marte.net.

Marte ruota su se stesso in 24h37'23", superiore di soli 41" al periodo di rotazione siderale della Terra; l'inclinazione dell'equatore marziano sul piano dell'orbita è di 23°59', di pochissimo superiore a quello terrestre. Quindi anche Marte, come la Terra, possiede stagioni, ma più lunghe a causa del suo maggior periodo orbitale. Sarà oggetto di una trattazione teorica anche la strana coincidenza tra rotazione e inclinazione dell'asse di Terra e Marte 

 

 

I satelliti di Marte

Il pianeta Marte ha due satelliti naturali: Phobos e Deimos. Il loro aspetto è piuttosto irregolare e craterizzato. Le dimensioni di Phobos sono: 19x21x27 km e Deimos: 11x12x15 km. La loro individuazione avvenne nel 1877 dall'astronomo americano A. Hall.

Phonos orbita intorno a Marte in 7h39' e Deimos in 30h17'. La distanza in media da esso è di 9000 per Phobos e 24.000 km per Deimos. 

Ipotesi sulla loro origine:

L'ipotesi più tradizionalista vuole che Phobos e Deimos siano due asteroidi catturati dal pianeta Marte. Ma il fatto che entrambi orbitano in una traiettoria parallela all'equatore del pianeta rende al quanto improbabile tale possibilità. 

Un'altra ipotesi è resa sulla base di valutazioni di differenze strutturali tra Marte e le sue lune; in pratica potrebbe darsi che queste ultime rappresentino i corpi maggiori di uno sciame di relitti prodotti e sollevati in passato, intorno al pianeta madre, dall'impatto di un asteroide di almeno 1800 km di diametro. Da notare infatti che tra le orbite di Terra e Marte transitano un certo numero di asteroidi che potrebbero essere in definitiva altri frammenti di Marte. Tali corpi hanno orbite molto ellittiche e che intersecano le orbite di Marte, Terra, Venere e Mercurio.

Si ipotizza anche che Phobos e deimos, a causa della loro probabile composizione di ghiaccio e rocce, potrebbero essersi formati assieme al pianeta e sviluppati mantenendo orbite equatoriali.

 

 

 

Per ottenere questa composizione sono state utilizzate 104 fotografie scattate dall'Orbiter del Viking 1. In primo piano il canyon Valles Marineris (al centro in basso) e i vulcani Tharsis (a sinistra).
Crediti: NASA/USGS

 

In questa veduta, si possono osservare ammassi di acqua ghiacciata lungo il lato occidentale del vulcano Olympus Mons (la struttura circolare verso l'alto ), quando sorge l'alba. Sono evidenti (sul fondo) depositi di ghiaccio attorno al polo sud.
Crediti: NASA

 

Phobos, il più interno dei due piccoli satelliti di Marte, ripreso dal Viking. Ha un'estensione di 28x20 km ed è ricoperto da crateri da impatto; il maggiore, visibile in questa immagine, è Stickney, 10 km di diametro, caratterizzato da lunghe scanalature rettilinee.
Crediti: Osservatori Nazionali di Astronomia

 

L'Orbiter del Viking 2 è stato programmato per ottenere queste immagini ad alta risoluzione in cui si possono osservare strutture piccole fino a tre metri (distanza: 30 km). Molti crateri appaiono solo in forma di contorni sfocati, a causa del pulviscolo. Massi dai 10 ai 30 metri sono sparsi sulla superficie.
Crediti: NASA

 

la superficie

L'emisfero settentrionale di Marte manifesta una crosta di riformazione, dominata da ampie distese, più o meno levigate, di materiali effusivi riversatisi in tempi recenti dagli strati subcrostali. L'attività endogena del pianeta è resa palese dalla presenza di altopiani di natura plutonica (dorsali di Elysium, Tharsis) dai quali si elevano edifici vulcanici a scudo la cui imponenza (Monte Olympus, il maggiore, misura 570 km di diametro di base e raggiunge i 26 km di quota; Monte Ascreus rispettivamente 400 e 20 km; e dimensioni comparabili misurano i vulcani Pavonis e Arsia) lascia comprendere che le formazioni si sono mantenute e accresciute in loco per tempi prolungati, forse fino a 100 milioni di anni fa, prima di venir estinte dai movimenti tettonici.Questo è ciò che più rimarcano le teorie maggiormente accreditate allo stato attuale. Vedremo infatti altri modelli teorici applicati alla natura della morfologia marziana. Tali modelli sono stati sviluppati per colmare alcune incongruenze emerse nell'analisi della superficie. Tra le altre interessanti implicazioni vi potrebbero essere ad esempio fattori di natura gravitazionale e magnetica, tali da permettere la formazione di edifici vulcanici così vasti e delle dorsali così estese.

Questi ultimi sembrano infatti esser stati così deboli da non aver mai consentito, sul pianeta, una significativa suddivisione e mobilità di zolle crostali. La crosta che ricopre l'emisfero australe appare di origine più antica, in quanto le tracce del bombardamento meteoritico delle prime età sopravvivono in un ricco assortimento di crateri e di bacini d'impatto, il più vasto dei quali, Hellas, ha un diametro di 2000 km. Forse la grande area di Hellas fu occupata da un vasto mare.

La differente storia geologica frai due emisferi appare sottolineata, in corrispondenza dei loro margini d'accostamento, dalla presenza di un imponente sistema di faglie e di fratture che documentano i processi di lacerazione dai quali la superficie marziana è stata sconvolta nel corso della sua differenziazione. Il sistema di fratture inizia a ridosso della dorsale di Tharsis, in zona equatoriale, con l'intrico di Labyrinthus Noctis sfociante verso est nel Tithonius Chasma e nel Coprates, canyons profondi alcune migliaia di metri e larghi fino a 75 km. La faglia prosegue nella cosiddetta Valles Marineris, impressionante frattura che si estende per oltre 5000 km con larghezze e profondità fino a 120 km e 6000 metri. Per dimostrare al di là di ogni dubbio che i fenomeni esaminati abbiano età di centinaia di milioni di anni, occorreranno ulteriori ed accurate analisi da parte di sonde specializzate nei prossimi anni. Ad ogni modo approfondiremo il modello teorico di John Ackerman sulla formazione dei pianeti terrestri che rivela come Terra e Marte potrebbero entrambi avere forse al massimo 800 milioni di anni dalla loro formazione.

I rilevamenti fotografici hanno anche rivelato la presenza su Marte di terreni di natura alluvionale sui quali compaiono le tracce di depositi fluviali (i cosiddetti channels); gli stessi rilevamenti, in corrispondenza delle regioni polari, hanno posto in evidenza terreni incoerenti e caotici (resi tali da iterati fenomeni di glaciazione), e terreni lamellari dovuti a processi ricorrenti di deposizione di permafrost (sabbie intrise di ghiaccio d'acqua). La presenza di acqua su Marte è di fondamentale importanza per molte ragioni. Saranno prese n esame molte prove a favore di questa possibilità.

 

natura del suolo

La superficie del pianeta ricorda molto quella dei deserti terrestri, il suo colore, che spesso tende sul rosso, è dovuto alla presenza di ossidi di ferro. Quando le sonde Viking atterrarono nel 1976, analizzarono chimicamente la superficie nei punti a loro accessibili; il risultato fu il rilevamento, nei depositi sabbiosi, di ferro (14%) e silicio (15-20%) e presentano tracce di vari altri elementi (Ca, Al, S, Ti, Mg, Cs e K). Sulla base dello sprofondamento dei sostegni dei moduli di approdo entro il suolo marziano e dei risultati dell'attività di scavo delle pale meccaniche, è apparso che il suolo, almeno nelle aree di atterraggio, possiede una consistenza granulosa che ricorda il regolite lunare, abbondante di materiale eruttivo e di brecce. La cosa interessante è che anche nelle zone dove sono atterrati Spirit e Opportunity, si sono riscontrati numerosi indizi di materiali eruttivi. E' sorprendente proprio il fatto che, anche in aree non troppo vicine a vulcani, possiamo trovare tali tracce. Come vedremo ci sarebbero delle spiegazioni per questo.

 

la struttura interna

A somiglianza degli altri pianeti del sistema, Marte si è costituito 4,5 miliardi di anni fa dall'aggregazione di planetesimi, questa è la teoria più accreditata, secondo il concetto di evoluzione naturale dei sistemi planetari; ma in qualità di pianeta di tipo "terrestre", esso è andato incontro a una fase di fusione e di rimescolamento del proprio interno che ha dato luogo alla "differenziazione" per strati mineralogici chimicamente diversificati, dell'intera massa planetaria.. Vedremo come le teorie di Ackerman  permettono di ottenere un modello altrettanto credibile e coerente della formazione dei pianeti terrestri.  

Si suppone quindi che Marte possegga un nucleo centrale circondato da un mantello e da una crosta superficiale come accade per la Terra. Sembra che quest'ultima (la crosta marziana) sprofondi mediamente a 40-50 km, uno spessore per lo meno doppio di quello della crosta terrestre. 

Il fatto di essere tanto massiccia e di mancare di un'adeguata base fluida di sostegno (l'astenosfera) è certamente la causa determinante della riscontrata assenza, sul pianeta, del costituirsi di placche continentali galleggianti simili a quelle terrestri. Oppure potrebbe darsi che Marte abbia subito una disastrosa catastrofe planetaria 

Sepolto sotto il mantello, il nucleo di Marte, povero di ferro e di nichel, non raggiungerebbe i 2500 km di diametro: troppo minuscolo, quindi, per risultare, a sua volta, differenziato in una sezione esterna fusa, idonea a innescare il noto meccanismo "a dinamo autoeccitata" che, come per la Terra, presiede alla generazione di un campo magnetico globale. Infatti il pianeta non possiede una magnetosfera significativa, né fasce di radiazione tipo Van Allen.

Anche su questo argomento ci soffermeremo parecchio e vedremo come altri ipotetici scenari sarebbero credibili tanto quanto quelli tradizionali.

 

 

 

Parte di Valles Marineris fotografata dal Mariner 9. Questa grande fossa tettonica si estende per oltre 5.000 km (3.100 miglia), lungo la regione equatoriale di Marte.
Crediti: Osservatori Nazionali di Astronomia

 

Questa immagine dall'Olympus Mons presa di prima mattina, in estate, mostra una nube che circonda il vulcano.
Crediti: Osservatori Nazionali di Astronomia

 

In questa immagine è possibile vedere porzioni dei paracadute del Pathfinder in primo piano, una larga roccia marziana e, sullo sfondo, una collina. Le immagini sono state prese dal sistema di elaborazione delle immagini durante il primo giorno trascorso dal veicolo sul Pianeta Rosso. Il Pathfinder atterrò su Marte alle 10:07 di mattina del 4 Luglio del 1997.
Crediti: NASA-JPL
Gli strati di nuvole rosa vengono sospinti dal vento di nordovest a una velocità di circa 15 miglia orarie (circa 6,7 metri al secondo) e a un'altezza di 16 chilometri (10 miglia) sulla superficie del pianeta. Queste nuvole sono formate da acqua ghiacciata condensatasi sulle particelle di polvere rossa sospese nell'atmosfera. L'immagine fu scattata dal sistema di elaborazione di immagini del Pathfinder una quarantina di minuti prima dell'alba.
Crediti: NASA-JPL

 

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clima e meteorologia marziana

L'aspetto del cielo su Marte, spesso sconvolto da tempeste di sabbia, ha una colorazione rosata, dovuta alle particelle di polvere rossastra sospese e all'effetto creato dal CO2, il quale tende a filtrare tutti i colori dello spettro tranne quelli rossi. 

L'atmosfera di Marte, che molto probabilmente in passato era decine o centinaia di volte più densa di quella attuale, ha una pressione al livello del suolo di circa 0,07 barie, circa il 7% di quella terrestre. Essa è composta principalmente da anidride carbonica (95%), ma contiene anche azoto biatomico (2,7%), argon (1,6%), tracce di ossigeno, vapore acqueo, monossido di carbonio, cripton e xenon. La temperatura media superficiale è inferiore a -60°C, ai poli raggiunge valori di -128°C mentre nelle regioni equatoriali sono possibili temperature oltre i  +20°C) 

La circolazione dei flussi d'aria su Marte appare basilarmente legata alle  modificazioni stagionali cui vanno incontro le calotte polari: il loro estendersi genera, con il raffreddamento che ne consegue, il costituirsi di un gradiente termico che agisce da motore per le correnti atmosferiche, all'alimentazione delle quali contribuisce la depressione barica provocata dalla sublimazione al suolo di ingenti quantitativi di anidride carbonica. Quando nell'emisfero nord è estate la calotta libera CO2; nell'altro emisfero, dove è inverno avviene il contrario. Tali estremi fra gli emisferi sono il carburante necessario perchè le correnti d'aria possano fluire a velocità elevatissime.  Lo spirare dei venti marziani si manifesta spesso in formazioni nuvolose di tipo ciclonico, così come hanno mostrato alcune immagini rinviate dalle sonde.

La rarefazione atmosferica favorisce nei venti lo sviluppo di velocità dell'ordine dei 200 km/h e oltre, tali da dimostrarsi capaci di sollevare grandiose tempeste di finissima sabbia in grado di offuscare talvolta l'intero pianeta, e che si rendono sovente visibili anche nel corso di osservazioni dalla Terra. Sebbene attualmente il vento costituisca il principale agente erosivo del suolo marziano, bisogna capire fino a che punto tale erosione possa provocare effetti di rilievo a medio e lungo termine. Dal momento che la rarefazione è dell'ordine di 100 volte quella terrestre il vento marziano non potrà mai avere la forza per provocare effetti  rilevanti. 

Eppure la superficie di Marte mostra segni di erosione assai marcati, come se vi fosse davvero stata un'atmosfera molto densa. Costituisce questa un'apparente contraddizione? La probabile soluzione è che Marte abbia posseduto fino a non molte migliaia di anni fa una densa atmosfera a pressione simile a quella terrestre. Varie immagini riprese da Spirit e Opportunity mostrano terreni con segni ancora "freschi", come se avessero non milioni di anni, ma poche migliaia di anni.

 

 

l'evoluzione ambientale del pianeta

Molteplici e svariati sono gli aspetti nella morfologia del pianeta che suggeriscono, per il passato, un ambiente profondamente diverso da quello del giorno d'oggi, fra cui fenomeni erosivi, alluvionali, depositi stratiformi, escavazioni di natura fluviale, ecc. È infatti presumibile che un "effetto serra" abbastanza marcato, generato da CO2 e vapore acqueo, liberati coi prodotti di degassificazione interna, abbia caratterizzato il clima primitivo del pianeta, garantendo una temperatura abbastanza elevata da consentire lo stabilirsi di una circolazione acquea completa con condensazioni, piogge, raccolta in bacini fluviali e marini, evaporazione. 

Tali condizioni, molto simili a quelle terrestri, permasero, secondo i planetologi, fino a 3,8 miliardi d'anni fa, quando quell'epoca geologica detta era Noachiana ebbe termine con il progressivo esaurirsi della coltre protettiva di CO2 che, in parte venne mineralizzato dalle acque e in parte (insieme all'acqua) rimase dissociato per l'ossidazione del suolo e per l'irradiazione solare. Con tutta onestà questa è una ipotesi molto interessante, ma ancora da dimostrare con assoluta certezza. 

Il processo di rarefazione dell'atmosfera procedette inarrestabile provocando, insieme all'estendersi di escursioni termiche diurne e stagionali e all'abbassamento generale della temperatura, l'inasprimento del clima marziano, e l'intrappolamento, congelati nel suolo, dei residui d'acqua e di altri fluidi. All'era Noachiana i planetologi fanno risalire l'attività tettonica di Marte consistita sostanzialmente nella suddivisione della crosta in due grandi "placche", che grandi processi di subduzione avrebbero in seguito dislocato di quota per ben 3000 m, differenziando gli odierni altopiani meridionali dai bassopiani settentrionali. La sutura dei due emisferi avrebbe dato origine all'imponente sistema di faglie e fratture di cui s'è detto, come la Valle Marineris.

Può darsi invece che Marte abbia avuto condizioni climatiche stabili e un'attività tettonica di lunghissima durata. Forse fu una devastante catastrofe planetaria a provocare la dispersione dell'atmosfera, della maggior parte delle acque e del repentino raffreddamento del pianeta. Eventi simili a un tremendo impatto con oggetti di grande massa o, meglio ancora, una fortissima perturbazione gravitazionale prodotta da un corpo di enorme massa, potrebbero aver influito in modo disastroso sul pianeta. 

 

 

 

 

Ecco come si presenta oggi il panorama di Marte: un triste ed esteso deserto morente di sassi e polvere con una rarefatta atmosfera di CO2.

 

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