PREMESSE - Se
c’è una cosa che mi ha stupito negli ultimi anni, questa è l’enorme
quantità di studi e ricerche effettuati da esperti in Scienze
Planetarie, Professionisti e non, aventi come punto di partenza
delle fotografie prive di qualsivoglia aggancio con la realtà.
Abbiamo sentito parlare di “colate”, “ejecta” e quant’altro, sempre
sulla base di un’accurata analisi di immagini che rappresentavano
una realtà del tutto inesistente.
A prima vista potrebbe
sembrare eccessivo, ma la realtà purtroppo è questa. Addirittura
qualcuno ha contestato la verosimiglianza di alcune foto portando
come prova altre immagini, a loro volta pure false! Eppure non è
così difficile verificare quanto asserisco, basta saper leggere,
cosa questa più rara di quanto non si pensi.
Tanto per fare un esempio recente, il Dr Ron Li,
responsabile delle acquisizioni laser-scanner dei rovers marziani,
aveva scritto sul suo sito che era stato in grado di progettare per
la NASA un sistema che trasformava le immagini in
modelli 3D con l’accuratezza di 1/3 di mm. in tempo reale, per cui
quasi tutte le foto distribuite al pubblico erano riprocessate e
ritexturizzate.
Questo non tocca le geometrie
principali, ma invalida totalmente qualunque analisi sui dettagli
(colori compresi), rendendo di fatto inservibili le foto a fini
scientifici. Eppure molti studiosi, non potendo credere a tanta
protervia, hanno continuato a sparare giudizi imperniati su
Pancam, Navcam e compagnia senza mai metterne in
discussione la credibilità.
Ora l’articolo è stato ritirato, ma per non perdere tempo bastava
solo leggerlo…
Apparentemente non sembrano esserci scappatoie. Se le foto non sono
foto non c’è modo per noi di scoprire alcunché. Ma non è sempre
così. Per esempio negli anni ’70 la tecnologia non era così
sviluppata e quindi le immagini, anche se censurate, erano comunque
più reali e soprattutto la NASA non le ha ritenute
così “popolari” da rappresentare un pericolo.
Molti si saranno già chiesti come si sia potuta realizzare una sorta
di “entropia” fotografica, per cui ad immagini nell’infrarosso degli
anni ’70, dettagliate ed esaustive, siano seguite immagini confuse e
prive di significato pur disponendo di tecnologie decisamente
superiori. Uno dei motivi principali è che noi tendiamo a dare
maggiore credibilità ad immagini recenti in base ad una immeritata
fiducia nel progresso tecnologico, non volendo credere ad interventi
censori altrettanto sofisticati. Adesso ne vedremo alcuni esempi,
tratti da immagini tuttora reperibili on line sui siti ufficiali
(sempre se si ha voglia di leggere).
CYDONIA
Come forse saprete, il
Lander Viking 2 nel 1976 doveva
originariamente atterrare nella zona di Cydonia, ma dopo un’analisi
del terreno si decise che lo stesso era accidentato e pericoloso e
si decise per un altro sito. Evidentemente la zona fu fotografata in
lungo e in largo dettagliatamente dal Viking Orbiter,
eppure cosa troviamo oggi in rete?
Questa immagine di
Cydonia (relativa al Cratere Arandas) è
tratta da Google-Mars:
Come vedete ci
sono delle barre grigiastre che presuppongono mancanza di foto.
Caso strano una di esse passa esattamente per il centro del
cratere. Né ci aiutano le foto HiRise:
La situazione,
insomma, sarebbe quella di questa immagine 3D:
Peccato però che
la NASA abbia pubblicato sull’argomento
svariate foto negli anni ’70, per esempio quella dell’area di
presupposto landing (Arandas compare
all’estrema destra dell’immagine):
ora si vede come
il margine del cratere sia molto diverso dalle immagini HiRise,
ma la malafede diventa ancora più evidente quando scopriamo che
le immagini originali le bande grigiastre non le avevano
proprio: confrontate l’ultima immagine con la precedente HiRise,
vedrete che al centro del cratere c’è “qualcosa” di ben diverso.
Non mi dilungherò in questa sede sul suo significato, vi basterà
accertare che le immagini sono totalmente divergenti, come
verificabile da questa ricostruzione 3D del cosiddetto “Central
Peak”. Penso che non sfuggirà a nessuno come le miriadi di studi
effettuati nell’area usando le foto HiRise e riguardanti
fantomatici “lava flows” ed “ejecta” si possano considerare solo
un mare di spazzatura, semplicemente perché condotti sulla base
di dati inconsistenti. Per non parlare poi di tutti coloro che
occupandosi della famosa faccia di Cydonia non si sono accorti
che la NASA si occupava nella zona di ben
altro, appunto alla “faccia” loro. ARSIACasomai
qualcuno pensasse che Arandas rappresenti un
caso isolato, ho preso in esame un altro esempio e cioè uno dei
grandi “vulcani” di Tharsis, il celeberrimo
Arsia Mons, di cui potete vedere una maestosa
immagine, anch’essa “ufficiale” e risalente agli Anni ‘70.
Tanto per farvi un’idea di quella
che ho definito “entropia” fotografica, ho messo a confonto
questa immagine con una più recente ottenuta dal (ora dismesso)
Mars Global Surveyor. La didascalia è “SENZA
PAROLE”.
L’immagine
MGS è ruotata in modo che possiate agevolmente
verificare che tutti i dettagli sono scomparsi a favore di un
aspetto “rassicurante” da vulcano estinto. Anche in questo caso
non entrerò in dettagli, ma quello che è certo è che
Arsia non è come lo si vorrebbe far passare.
Per i più curiosi
presento un dettaglio della sua “caldera” (le virgolette sono
tutt’altro che casuali):
A questo punto è
lecito chiedersi se questa situazione sia riscontrabile negli
altri immensi rilievi di Tharsis. Allo scopo
vediamo come è stato trattato il più grande “vulcano” del
Sistema Solare, Olympus.
LA
MONTAGNA DEGLI DEI
Migliaia di
studiosi di ogni ordine e grado hanno speso fiumi di parole e di
dati su Olympus, ma, come vedremo, hanno solo
ingrossato l’oceano di spazzatura di cui ho parlato prima.
Qualcuno ha notato che la NASA aveva presentato
alcune foto in modo da apparire incomprensibili al grande
pubblico, ma non si è accorto che la vera struttura di
Olympus era già in rete da anni. Bastava solo un po’ di
pazienza in più.
Molti conosceranno la prima foto ufficiale di Olympus,
consistente in un mosaico di frames Mariner 9:
No, non è un
quadro astratto di Kandinsky, è semplicemente il
prodotto di un assemblaggio effettuato da qualche buontempone
della NASA, che ha pensato bene di confondere
le acque a modo suo, della serie “devo farti vedere qualcosa, ma
col cavolo che te lo faccio capire”.
I quadranti sono accostati a casaccio, per cui ho provveduto a
riassemblarli. Il risultato non è perfetto, ma ci aiuta a capire
meglio ciò di cui stiamo parlando:
Anche stavolta non mi
perderò in congetture. Semplicemente notate come la “caldera” al
centro dell’immagine sia totalmente differente da quella che abbiamo
visto più volte nelle immagini NASA ed ESA
distribuite al grande pubblico. Anzi quello che si vede è così
“anomalo” da essere stato oggetto di cover-up già all’epoca del
Mariner, come si può vedere in questa immagine ravvicinata.
Ma insomma, la
“caldera” di Olympus è quella del mosaico o quella
della foto ravvicinata? La struttura visibile nel mosaico è dovuta
solo a qualche effetto ottico?
La risposta si può
trovare col solito metodo, cioè con la pazienza che ci è voluta per
creare questa animazione che mette a confronto due immagini
ufficiali Viking, le quali almeno in via teorica
avrebbero dovuto essere perfettamente coincidenti o comunque
congrue.
Lascio ai Lettori il
compito di stabilire qual’è la foto vera: quella con le strutture
complesse al centro o quella in cui delle strutture si vedono solo i
contorni, come se fosse stata ricalcata da un bambino?
Certo che se basta l’infrarosso per mostrare tali differenze,
proprio c’è qualcosa che non quadra…
CONCLUSIONI -
Per parte mia ho deciso molto tempo fa di approfondire lo
studio di queste “strutture”, raccogliendo migliaia di dati tecnici
e cronache di fenomeni anomali, quale per esempio la presunta
eruzione di Arsia recentemente segnalata dal team di Lunexit.
Naturalmente noi “indipendenti” lavoreremmo tutti molto meglio se
non fossimo costretti a passare il 90% del tempo a scartare foto e
dati fasulli, ma tant’è anche la geopolitica ha le sue esigenze ed è
un vero peccato che non coincidano quasi mai con l’Interesse
Generale.
ALESSIO FELTRI