I Biominerali sono il risultato di processi mediante i quali gli organismi viventi formano fasi minerali norganiche o organiche con struttura cristallina, paracristallina o amorfa, il cui studio prevede il coinvolgimento di più discipline quali la mineralogia, la biologia animale e vegetale, la chimica, la medicina.

Le funzioni dei biominerali sono prevalentemente meccaniche e di sostegno (esoscheletro, endoscheletro), ma ci sono anche altre funzioni quali la navigazione (rilevamento del campo magnetico terrestre nei batteri magnetotattici, in alcuni pesci, rettili e uccelli), la percezione della gravità (apparato vestibolare), l’imagazzinamento  di ioni; possono poi essere legati a fenomeni patologici (calcoli renali nell’uomo).

A fronte delle più di 3600 specie minerali a tutt’oggi conosciute nel mondo inorganico, i biominerali fin qui conosciuti sono circa 80 (Tabella 1) appartenenti prevalentemente a tre gruppi:

Fosfati di calcio
Carbonati di calcio
Silice (opale)

I minerali di calcio sono di gran lunga prevalenti e costituiscono il 50% di tutti i biominerali, mentre i soli fosfati rappresentano il 25%.  Le fasi cristalline o paracristalline sono l’ 80% mentre quelle amorfe sono il 20%.

Tabella 1. Principali biominerali

Fasi cristalline

Formula chimica

Gruppo

Calcite

CaCO3

Carbonati

Aragonite

CaCO3

Vaterite (esagonale)

CaCO3

Monohydrocalcite

CaCO3·H2O

Protodolomite (disordinata)

CaMg(CO3)2

Hydrocerussite

Pb3(CO3)2(OH)2

 

 

 

Hydroxylapatite

Ca5(PO4)3(OH)

Fosfati

Octacalcium phosphate

Ca8H2(PO4)6·SH2O

Fluorapatite (francolite)

Ca5(PO4)3F

Dahllite

Ca5(PO4,CO3)3(OH)

Whitlockite

Ca18H2(Mg, Fe)2+2(PO4)14 

Struvite

Mg(NH4)(PO4)·6H2O

Brushite

Ca(HPO4)·2H2O

Vivianite

Fe2+3(PO4)2·8H2O

 

 

 

Celestite

SrSO4

Solfati

Barite

BaSO4

Gypsum

CaSO4·2H2O

Jarosite

KFe3+3(SO4)2(OH)6

 

 

 

Opal

SiO2·nH2O

Silice

 

 

 

Fluorite

CaF2

Alogenuri

Hieratite

K2SiF6

 

 

 

Magnetite

Fe2+Fe3+2 O 4

 

 

 

Ossidi di Fe e Mn

Goethite

a-FeO(OH)

Lepidocrocite

g-FeO(OH)

Ferrihydrite 

5Fe2O3·9H2O

Todorokite 

(Mn2+CaMg)Mn4+3O7·H2O

Birnessite 

Na4Mn14O27·9H2O

 

 

 

Pyrite 

FeS2

 

 

Solfuri

Hydrotroilite 

FeS·nH2O

Sphalerite 

ZnS

Wurtzite 

ZnS

Galena 

PbS

Greigite 

Fe2+Fe3+2S4

Mackinawite 

(Fe, Ni)9S8

  

  

  

Whewellite

CaC2O4·H2O

Ossalati

Weddelite

CaC2O4·(2+X)H2O(X<0.5)

Glushinskite

MgC2O4·4H2O

Oltre 55 phyla fra Batteri, Protozoi, Funghi, Piante, Animali formano biominerali

Carbonati            → in 25 phyla in tutti i regni
Fosfati → in 23 phyla prevalentemente Batteri e Animali, assenti nelle Piante
Fe-Mn ossidi     →   in 17 phyla  con l’esclusione dei Protozoi
Silice (opale)      → in 21 phyla, tranne Batteri e Funghi
Solfuri   → in un solo phylum dei Batteri
Solfati   → in 8 phyla, Batteri, Protozoi, Alghe e Animali, assenti in Funghi e Piante
Min. Organici     → in 19 phyla con l’eccezione di Batteri e Protozoi

Processi di biomineralizzazione

Due sono i processi fondamentali di biomineralizzazione (Lowenstam e Weiner, 1989):

1)  Mineralizzazioni indotte biologicamente
2)  Mineralizzazioni controllate biologicamente

Mineralizzazioni indotte biologicamente

1. L’organismo modifica il microambiente creando condizioni idonee per la precipitazione di fasi mineralogiche extracellulari
2. La mineralizzazione avviene nello spazio aperto e non in uno spazio apposito
3. Non ci sono cellule speciali o macromolecole per indurre la mineralizzazione
4. I minerali prodotti, se cristallini, hanno habitus simile ai minerali formati per via inorganica, formano aggregati casuali e hanno dimensioni molto variabili
5. Il minerale formato è funzione tanto dell’ambiente che dell’organismo. In ambienti diversi lo stesso organismo può produrre minerali diversi
6. Spesso, anche se non sempre, l’organismo non ha alcun beneficio dalla formazione del minerale: anzi, molte mineralizzazioni dovute a patologie si formano proprio con questo processo

Questo processo sembra essere predominante nei batteri e nei funghi e abbastanza frequente nei licheni.
Vari esempi fra i batteri quali i batteri riducenti dei solfati che liberano acido solfidrico nell’ambiente in cui può reagire con vari metalli presenti in concentrazione sufficiente portando per esempio alla formazione e stabilizzazione di greigite (Fe3S4) o di mackinawite [(Fe, Ni)9 S8] (Lowenstam e Weiner, 1989).
Altro esempio costituito dal batterio Fe-riducente Geobacter metallireducens che unisce l’ossidazione di materia organica e la riduzione di Fe3+, inducendo la precipitazione extracellulare di magnetite a grana fine (Lovely, 1990)

Mineralizzazioni controllate biologicamente

L’organismo, mediante le macromolecole (collagene, glicoproteine, chitina, polisaccaridi) controlla tutte le fasi della mineralizzazione, forma, dimensioni, struttura, orientazione, composizione, polimorfo (Mann et al., 1990,; Frankel e Man, 1994). Le macromolecole controllano:

Siti mineralizzazione

Set-up soluzioni

Nucleazione

Crescita cristallina

Termine crescita

i siti della mineralizzazione  


I siti della mineralizzazione possono essere vacuoli cellulari, organuli intracellulari,  spazio intercellulare, membrane ad hoc. Il sito viene delineato e sigillato  da un duplice strato di cellule lipidiche o da macromolecole insolubili in acqua (es: periostracina proteina che forma la membrana esterna delle conchiglie dei  molluschi).

Una forma altamente specializzata di delineazione dello spazio è quella della ferritina utilizzata da organismi (dai batteri ai mammiferi) per l’immagazzinamento temporaneo del ferro sotto forma di ferriidrite paracristallina.

set-up soluzione

 La composizione della soluzione è strettamente controllata dalla cellula responsabile. Si possono formare minerali che non si formerebbero per via inorganica.  Acantaria (Protista), organismo marino unicellulare forma celestina (minerale fortemente sottosaturo nell’oceano, Odum, 1951) che, subito dopo la morte dell’organismo si dissolve rapidamente.

Certe sostanze possono interagire con le fasi minerali in formazione. ACP (calcio fosfato amorfo) può essere stabilizzato rispetto alla fase cristallina dalla presenza di ATP (adenosin-trifosfato) e Mg. Infatti la velocità di trasformazione ACP idrossiapatite cristallina viene molto ridotta. Un esempio nei mitocondri dell’epatopancreas di una varietà di granchi (Becker et al., 1974).

nucleazione del minerale  

Il controllo degli organismi sulla nucleazione è molto variabile (Weiner, 1986). Comune la mineralizzazione in vescicole lipidiche in cui le pareti possono essere coinvolte. Queste pareti talvolta sono ricche di complessi multimolecolari che legano fortemente Ca (Boyan e Boskey, 1984) e in esperimenti in vitro inducono la formazione di idrossiapatite.  Il tipo di  minerale che nuclea è controllato da proteine. Aragonite o calcite nel guscio dei molluschi (Belcher et al., 1996) sono controllate da proteine specifiche.

Se la relazione spaziale fra cristallo e substrato macromolecolare è ben definita, possiamo avere nucleazione per epitassia. Oppure può esserci orientazione degli assi cristallografici rispetto al substrato. Per esempio nella madreperla l’asse c dell’aragonite è normale alla superficie di nucleazione (Weiner et al., 1983), nello smalto dei denti di verterbrati l’asse c dell’idrossiapatite è orientato ortogonalmente alle catene polipeptidiche della proteina (Jodaikin et al., 1988) e nei tendini mineralizzati del tacchino parallelamente alle fibrille di collagene (Weiner e Traub, 1986).

crescita cristallina 

La più diretta evidenza del controllo sulla crescita è lo sviluppo di facce cristalline relativamente instabili per l’interazione con particolari sostanze. Da studi su echinodermi e in vitro (Addadi, 1985; Berman et al., 1988) è stata dimostrata l’interazione fra glicoproteine acide e facce cristalline della calcite. Altri esempi di interazione fra glicoproteine e aragonite in diverse specie di coralli e molluschi (Constanz, 1986) con diverse morfologie nelle diverse specie.

termine crescita cristallina

Se il minerale è amorfo, la forma finale è quella dello spazio in cui precipita. Se abbiamo fasi cristalline e si formano in vescicole (diatomee, radiolari..) assumono la forma delle vescicole (Leadbeater, 1984) e mostrano spesso facce curve. Se la mineralizzazione avviene in compartimenti delineati da macromolecole, la crescita cessa quando  il minerale arriva in contatto con la superficie e si hanno forme più regolari e senza facce curve (madreperla, ossa, smalto). Oppure la crescita termina quando due cristalli entrano in contatto fra loro (forma poligonale, Silyn-Roberts e Sharp, 1986).  Talvolta si forma un precursore meno stabile termodinamicamente della forma matura che può essere amorfo, paracristallino o cristallino che col tempo si trasforma nella fase stabile (Tabella 2).

I biominerali prodotti mediante processi controllati biologicamente si presentano come cristalliti a grana ultrafine, micro o nanometrici, generalmente con forme cristalline ben definite: cubo-ottaedri  magnetite, fluorite in cristalli aghiformi, calcite e aragonite in forme appiattite o prismatiche, forme che possono essere anche molto diverse da quelle dei corrispettivi composti inorganici.

I singoli cristalli si organizzano in aggregati costituendo delle unità microarchitettoniche sorprendenti per complessità ed eleganza, ognuna delle quali è avviluppata da uno strato matrice organica (gen. glicoproteine, collagene, chitina e altri complessi proteici) e include matrice organica intracristallina.

Quindi l’insieme costituisce un bio-composito (minerale + proteina) dalle proprietà peculiari. Infatti la matrice organica modifica proprietà e struttura del minerale (es.Calcite) così che le sue caratteristiche sono diverse da quelle del minerale completamente inorganico.

Molto spesso, soprattutto nel caso di conchiglie (madreperla) e ossa, le biomineralizzazioni (quindi l’insieme costituito da minerale e sostanza organica) mostrano strutture a più di una scala, hanno cioè una gerarchia strutturale, variabile dalla meso alla nanoscala, strutture estremamente interessanti per la produzione di materiali biomimetici, nel campo dell’elettronica, catalisi, “materiali intelligenti”.

 Tabella 2 – Evoluzione in situ di biominerali formati biologicamente  

(modificata da  Lowenstam e Weiner, 1989)

 

 

Mineral 

Phylum 

taxa 

Precursore                             Fase stabile                                     

Cianobatteri

Rivularia sp.

CaCO3 amorfa →                    aragonite

  

Aquaspirillum magnetotacticum 

Fe-ox  idr. amorf. →               magnetite 

Thiopneutes 

Desulfovibrio desulfuricans

Idrotroilite→   greigite→        pirite + Sa 

                                                pirite + mackinawiteb 

                                           

 

 

 

Molluschi 

Polyplacophora

Ferrihydrite  →                       magnetite 

  

Chitonidae

ACP  →                                  dahllite

  

Viviparus viviparus 

Vaterite   →                             aragonite

  Cordati 

Helix sp. 

Vaterite   →                             aragonite

  

Smalto denti e ossa Mammiferi 

Octacalcio fosfato     →          dahllite  

a a pH 6. 

b a pH 8 

Principali esempi

Carbonati: prevalenti calcite e aragonite (e precursori amorfi); vaterite e protodolomite molto rare

Cianobatteri: stromatoliti, biomineralizzazioni più antiche, 3.7 miliardi di anni
Foraminiferi, Coccolitoforidi, Spugne calcaree, Coralli (50% del Ca che arriva con i fiumi utilizzato dai coralli), Molluschi, Artropodi, Echinodermi, Cordati.

Fosfati: Prevalenti apatite e fasi amorfe (AMP). Ma il reticolo dell’apatite consente svariate sostituzioni, per es. F, CO3, Mg. Quindi l’ identificazione della corretta fase mineralogica è di fatto abbastanza complicata. Se infatti viene fatta solo per via chimica, alcune fasi hanno rapporto Ca/P uguale, e quindi non sono distinguibili. Se le fasi sono cristalline, i cristalli sono generalmente molto piccoli, quindi i pattern di diffrazione non sono molto significativi.  Comunque dovrebbe prevalere idrossiapatite con una certa sostituzione di CO3 (dahllite)

Batteri (fosforiti) ma prevalentemente animali e fra i più alti nella scala evolutiva (ossa, denti, patologie). Assenti nelle piante.

Silice:  Opale. Diatomee, silicoflagellati, radiolari e spugne silicee, piante. 

Magnetite: Presente nei batteri magnetotattici in catene lineari di cristalli isorientati e tenuti insieme da un doppio strato lipidico e proteina (magnetosomi), nelle  alghe rosse, negli Anellidi, negli Artropodi (Crostacei, Api), nei Vertebrati (Piccioni, Tonni, Tartarughe) con funzione di percezione del campo magnetico terrestre.
Recentemente sono state scoperte nel cervello umano cellule ricche di magnetite (magnetociti). La loro funzione sconosciuta, ma sicuramente non è la percezione del campo magnetico terrestre, dato che non sono presenti catene di cristalli allineati cristallograficamente (Kirschvink et al, 1992). Da recentissimi studi su nanocristalli di biomagnetite nel cervello umano sembra che questi siano da mettere in relazione con patologie neurodegenerative (Alzheimer, Parkinson) (Dobson, 2000, 2001).

Solfuri: greigite e pirrotina presenti in alcuni batteri magnetotattici di ambiente riducente

Solfati: gesso,  barite, celestina. Nei protisti e in Cnidari e Molluschi, come percettori di gravità (apparato vestibolare)

Minerali Organici: Ossalati

Alcuni Protisti, Funghi, Piante e alcuni Animali. Nell’uomo legati a patologie

 

Interazione minerali Microrganismi

I microrganismi ricoprono un ruolo fondamentale sia nelle mineralizzazioni controllate biologicamente sia in quelle indotte biologicamente: vedasi per esempio il volume “Geomicrobiology: interactions between microbes and minerals”  (Banfield and Nelson eds., 1997). L’azione dei batteri nelle zone di ossidazione di depositi a solfuri è circa cinque volte più intensa del solo processo chimico inorganico (Yakhontova, 1998). La funzione principale è la distruzione dei minerali primari (solfuri) per ossidazione secondo una reazione del tipo

MeS + 1.5 O2 + H2O =  [MeSO4]+ + H+ + 2e-

Fra i batteri più diffusi Thiobacillus ferroxidans, aerobico, ubiquitario, attivo a pH < 3.

Soluzioni arricchite in solfati sono la base per biomineralizzazioni indotte formando solfati più o meno idrati (melanterite, boothite, chalcantite) oppure arseniati (scorodite) o solfati basici (jarosite). Inoltre i tio-batteri estraggono Se e Te (tellurio) dai solfuri coinvolgendoli in migrazioni supergeniche sotto forma di composti complessi quali Fe3(Se,Te)O3(OH)4

I microorganismi hanno anche una parte attiva nei processi di alterazione delle rocce: nota l’interazione di Bacillus mucillaginosus con silicati. La lisciviazione di Si è anche  funzione della regolarità strutturale, difetti, eterogeneità: l’alterazione del quarzo dipende dal grado di cristallinità; l’alterazione plagioclasio dalla percentuale di anortite e dalla regolarità strutturale; l’alterazione dei polimorfi di Al2SiO5 è funzione del numero di coordinazione di Al; l’alterazione dei fillosilicati dipende dalla regolarità strutturale e dalla presenza di impurezze sostituzionali.

L’azione dei batteri solfato-riducenti (Desulfovibrio) è fondamentale nell’accumulo di solfuri biogenici quali pirite, marcasite, pirrotina, sfalerite e wurtzite.

I noduli ferro-manganesiferi di fondo oceanico sono costituiti da ossidrossidi di Fe e Mn e si formano con la partecipazione di batteri in grado di ossidare Fe e Mn dai sedimenti marini e acque oceani mediante un processo a due stadi:

1)      interazione di batteri con con forme complesse e colloidali di Mn 2+ e Fe 2+ ; 

2)      precipitazione diretta di idrossidi di Mn 4+ e Fe 3+ e silice tipo opale. 

L’ interazione batteri minerali è poi alla base delle cosiddette biogeotecnologie (Yakhontova e Adamov, 1998). Queste consistono nell’utilizzazione di batteri per l’estrazione di metalli (Cu, Zn, U, Ni, Au) da giacimenti anche a basso contenuto o da discariche. Questa applicazione iniziò negli anni 60 nell’estrazione di rame da giacimenti a basso contenuto (0.4%) ottenendo estrazione annua di 80000 t a un costo 5 volte inferiore ai metodi tradizionali. Oggi fino al 30% di rame viene ottenuto con biotecnologie. Il 30% di oro mondiale è contenuto come particelle submicroscopiche in giacimenti a pirite e/o arsenopirite. L’applicazione di Thiobacillus ferroxidans aumenta la disponibilità di oro fino al 95%. 

Microorganismi usati in biogeotecnologie includono:

Batteri Thionici, ossidanti solfuri e solfo 
Batteri riducenti dei solfati, per la precipitazione di metalli nella purificazione di reflui industriali (Desulfovibrio ..)
Microorganismi che accumulano e precipitano oro e altri metalli (Candida, Aspergillus, Chlorella)
Batteri ossido-riducenti per Fe e Mn (Bacillus polymyxa, Arthrobacter)
Batteri che distruggono silicati, carbonati e ossidi (Bacillus mucillaginosus)


Biomineralizzazioni e scienza dei materiali

Come abbiamo già visto i biominerali prodotti mediante processi controllati biologicamente sono dei materiali compositi dalle prestazioni elevate costituiti da architetture a scala variabile da molecolare a macroscopica la cui precisione è notevolmente superiore a quella raggiungibile nei materiali realizzati dall’uomo. Rappresentano quindi dei modelli per nuovi materiali  (Mann, 1993, Morse, 2001, Bauerlein ed., 2000) di alta tecnologia (devices optoelettronici, microelettronici e catalitici, biosensori, chips al DNA per la  diagnostica robotica di HIV).  La magnetite prodotta dai batteri magnetotattici è molto studiata nel campo delle applicazioni mediche: infatti, rispetto a quella sintetica, presenta il vantaggio di avere crescita cristallina strettamente controllata e proprietà strutturali assai peculiari (Matsunaga et al., 1997). Le piccole dimensioni dei magnetosomi (35-100 nm) li rendono estremamente interessanti per l’immobilizzazione di sostanze farmacologicamente attive, con il vantaggio di essere poi separabili mediante campi magnetici (Banerje e Moskowitz, 1985).  Matsunaga e Kamiya (1987) e Nakamura et al. (1991) hanno descritto l’uso delle particelle di biomagnetite per l’immobilizzazione di enzimi e anticorpi e come devices in biosensori.

Anche la madreperla è un biomateriale molto studiato nel campo dei materiali biomimetici. La conchiglia dell’orecchia di mare (Haliotis tubercolata) è un bio-composito, multifase altamente organizzato che prevede, da parte dell’organismo un controllo totale delle varie fasi del processo di mineralizzazione. Fritz et al. (1994) e Zaremba et al. (1996) per riprodurre tali strutture e proporre nuovi materiali basati su questi bio-compositi, hanno sviluppato un modello in vivo. Tale modello detto “flat pearl system” ha contribuito a chiarire la sequenza spaziale e temporale sia della deposizione del minerale che della secrezione  della corrispondente molecola organica. Introducendo un disco  di vetro, mica e MoS2 fra il mantello e la conchiglia, si osserva che calcite e aragonite si formano secondo una sequenza precisa che dipende da un’interazione dinamica all’interfaccia cellula-minerale regolata da proteine specifiche.

Un altro esempio è dato da un esperimento su una protesi ossea consistente nell’iniettare in zone decalcificate di mandibola umana una sospensione di madreperla macinata (Westbroek and Marin, 1998).  Non è stato osservato nessun rigetto e si è ottenuta la formazione di nuovo tessuto a composizione idrossiapatitica saldato alla madreperla. Del resto, in alcuni teschi Maya scoperti nel 1931, i denti erano di madreperla con radici perfettamente impiantate nell’osso mandibolare.

Come abbiamo già visto molti organismi producono silice idrata amorfa (opale) in micro-nanostrutture biocontrollate a condizioni di P e T ambiente e a valori di pH normali, mentre i metodi convenzionali di manifattura di biossido di silicio e silicone richiedono alte T e valori estremi di pH. Quindi la comprensione di questi meccanismi è fondamentale per la realizzazione di materiali biomimetici “high performance” basati su SiO2  e che hanno un’enorme campo di applicazioni. Mediante la cosiddetta “silicon biotechnology” (Morse, 1999) è stato possibile arrivare alla comprensione dei meccanismi di produzione di silice in due diversi organismi viventi  aprendo nuove strade alla sintesi in vitro di polisiloxani.

Applicazioni archeometriche

Le principali applicazioni in archeometria sono basate su studi di elementi in tracce e studi isotopici. Per esempio la concentrazione di elementi in tracce (Sr, Zn, Ba, Cu..) e il rapporto isotopico di C in ossa e denti  danno indicazioni per la ricostruzione di paleodiete (Tykot et al., 2000). Il valore del rapporto 18O/16O sempre nelle ossa può essere utilizzato per ricostruzioni paleoclimatiche (Stephan, 2000).  Il rapporto isotopico di Sr in ossa e denti dipende dalla geologia della località di provenienza del cibo. Nelle ossa riflette la provenienza del cibo circa al tempo della morte, nei denti al tempo della nascita. Quindi eventuali differenze tra i due rapporti riscontrate nello stesso individuo indicano migrazioni (Price e Manzanilla, 2000). 
Lo studio dei  processi diagenetici delle ossa dopo il seppellimento, e, in particolare, lo studio delle   variazioni chimiche e strutturali della  parte inorganica delle ossa sembra dare informazioni relativamente precise per una datazione assoluta delle ossa (Molin et al., 1998). 

Biominerali e Astrobiologia

McKay et al. (1996) hanno segnalato per la prima volta nel meteorite marziano ALH84001 (età 4.5 Ga) cristalli di magnetite analoghi a quelli prodotti sulla Terra  da batteri magnetotattici, ovvero chimicamente puri, senza difetti, con forma e dimensione precisa, allineati in catene e che rappresenterebbero evidenza di paleovita su Marte.  Gli stessi ricercatori (Thomas-Keptra et al., 2000) hanno successivamente approfondito lo studio delle proprietà di questi presunti cristalli di biomagnetite, supportando la prima ipotesi.  Successivamente, Gibson et al. (2001) hanno segnalato ulteriori evidenze di attività biogenica in altre meteoriti marziane, Nakhla (1.3 Ga) e Shergotty (300-165 Ma).  Resta comunque in tutti questi casi la possibilità di una contaminazione terrestre.

I minerali del corpo umano

I minerali del corpo umano possono essere distinti in due gruppi:

1.      Minerali fisiologici:                ossa, dentina, smalto 

2.      Minerali patologici:               calcoli renali e pancreatici,  depositi apatitici patologici

Ossa e denti

L’uomo si distingue da tutti gli altri esseri viventi per la forma delle sue ossa e dei suoi denti. Sia le ossa che i denti sono materiali compositi, cioè costituiti da minerale (fase bioapatitica) e sostanza organica, con una struttura estremamente complessa. Lo smalto, fra i tessuti del corpo umano, è caratterizzato dalla più alta percentuale di minerale (96 wt%). 

Come già detto, è difficile identificare con esattezza la fase mineralogica , e avere il chimismo preciso della componente bioapatitica. La seguente formula (Skinner, 2000) proposta per il minerale apatitico dei tessuti biologici tiene conto del chimismo generale, delle differenze di carica generate dalle possibili sostituzioni e della possibilità di vacanze:

 Ca 10-y+ Nay (PO4)6-x (CO3)x (OH)2-x+  

con 0£x³2 e 0£y³0.1

Depositi apatitici patologici

Arterie

Il minerale patologico depositato è un’idrossiapatite contenente CO3 e talvolta Mg (Skinner, 2000) ma sulla cui composizione esatta esistono ancora molti dubbi

Tumori

E’ possibile localizzare bene i tumori mediante esame radiologico per la presenza di mineralizzazioni di idrossiapatite, probabilmente dovuta al rilascio di fosfati a causa della morte delle cellule, e successiva precipitazione. Anche questa apatite sembra contenere CO3

Articolazioni

Le malattie delle articolazioni (gotta) sono legate alla presenza di cristalli nel liquido sinoviale. Si tratta prevalentemente di cristalli di urato monosodico monoidrato (NaC5H3N403 H2O), triclini, riconoscibili al microscopio ottico (Mandel e Mandel, 1976). Talvolta sono stati descritti anche anche fosfati, in particolare Ca2P2O7 2H2O (McCarty, 1976).

TendinI

Deposizioni apatitiche sono state individuate anche in tendini periarticolari e cartilagini articolari (Dieppe e Calvert, 1983; Schumacher et al., 1981)

Altre patologie

Calcoli renali

Sono costituiti principalmente da ossalati di calcio (whewellite e weddellite). Comunque uno studio effettuato su 10.000 calcoli (Herring, 1962) ha portato all’identificazione di oltre 20 composti, fra cui molti fosfati.Talvolta può essere presente struvite, dovuta a  infezione urinaria provocata per esempio da Escherichia coli.

 Calcoli pancreatici

Sono costituiti prevalentemente da calcite (Dong et al., 1972) anche se in alcuni campioni sono state individuate brushite e apatite (Rodgers e Spector, 1986).


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