Una versione in inglese modificata di questo articolo è apparsa
nel volume dedicato al grande studioso prof. Alfred De Grazia (americano
di origine italiana e collaboratore all’autore per alcuni anni presso
l’Università di Bergamo) in occasione del suo novantesimo compleanno,
nel dicembre 2009, a cura della SIS, Society for Interdisciplinary
Studies.
Teorie nella
letteratura astronomica sull’origine della Luna L’origine della Luna
resta uno dei problemi aperti in astronomia. Prima della raccolta di
rocce lunari, fra le pur molte teorie esistenti, dominava quella della
formazione insieme alla Terra dalla nube gigante di gas e polveri
prodotta dall’esplosione di una stella precedente (il Sole è una stella
di seconda generazione).
La condensazione della nube avrebbe prodotto il Sole, i pianeti di tipo
terrestre ovvero rocciosi, e quelli di tipo gassoso. Dopo la scoperta
della cosiddetta fascia di Kuiper, esterna ai pianeti classici, a forma
ciambellare, e della nube di Oort, ancora più lontana e di forma sferica
(ma alcuni dubitano che tale nube esista…), i calcoli hanno mostrato che
queste strutture, consistenti di trilioni di oggetti, sono formate in
buona parte da materiale catturato dalla Galassia, durante il giro che
il Sole ne fa in circa 200 milioni di anni; materiale soprattutto
proveniente dai bracci della Galassia e dall’attraversamento del piano
galattico, ricco di polveri, compiuto dal Sole ogni 15 milioni di anni
circa. Si tratta di uno scenario dovuto principalmente all’astrofisico
George Whetherill (1979), dello Smithonian Institute di Washington.
Costui, sulla base di un suo modello e di calcoli (approssimati, in
quell’epoca i computer erano ben inferiori a quelli di oggi in memoria e
potenza) giunse alla conclusione che i pianeti terrestri potevano
formarsi solo vicino al Sole, non oltre mezzo miliardo di km di
distanza, mentre quelli gassosi si formavano oltre. Una giustificazione
teorica quindi della struttura del sistema solare. Tuttavia questa
conclusione di Whetherill è crollata con la scoperta di sistemi
planetari extrasolari, dei quali sono ora noti oltre duecento. Infatti
in alcuni di questi sono stati scoperti pianeti orbitanti molto vicino
alla loro stella, a circa un milione di km! Anche se i sistemi osservati
non sono quelli medi, dato che quelli con pianeti più grandi sono più
facilmente osservabili, non è possibile spiegare questo fatto
nell’ambito della teoria di Whetherill. Risulta inoltre impossibile
spiegare nel modo classico come pianeti così vicini non si schiantino
sulla stella, dato che gli effetti mareali diventano assai importanti.
Il meccanismo che spiega la stabilità di tali grandi pianeti in orbite
così ravvicinate è stato poi scoperto da alcuni astronomi, fra cui uno
dei massimi teorici in astronomia, Antonino Del Popolo (2001, 2002), con
cui ho collaborato per alcuni anni. Inoltre va citata una quasi
incredibile scoperta dovuta a Meyer et al (2002), pubblicata su Science.
Secondo tali autori i pianeti giganti gassosi, che seguendo la teoria
classica si formerebbero in circa 10 milioni di anni dalla condensazione
di una nube di gas e polveri, in generale non potrebbero formarsi, causa
la dispersione della nube, e qualora si formassero ciò avverrebbe al più
in qualche secolo. Quindi un rigetto del modello classico, unito al
sorprendente risultato di un processo astrofisico estremamente veloce,
contro la filosofia standard dei processi lenti. E in più vanno citati i
forti argomenti del fisico John Ackerman (1999 a,b), basati anche
sull’analisi dell’impatto su Giove della cometa Shoemaker-Levy, secondo
cui i pianeti gassosi, Giove in particolare, avrebbero un nucleo solido,
costituito da composti di metano con acqua (idrati) ed altre molecole.
Quindi esisterebbe una crosta solida, sotto circa 160 km di atmosfera
gioviana. Il problema della formazione dei satelliti è simile, ma può
avere ulteriori soluzioni. Infatti i satelliti potrebbero formarsi
insieme con i pianeti, ma anche essere prodotti da impatti o ottenuti
per cattura. L’antica idea che la Luna si fosse formata insieme con la
Terra da condensazione di materiale gassoso e ricco di polveri è stata
abbandonata, causa la differente composizione isotopica lunare (non si
conosce un meccanismo che produca rocce lunari e terrestri di differente
composizione isotopica).
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La fascia di Kuiper. |
Si è quindi guardato ad altre possibili origini, fra cui la cattura in
un processo gravitazionale a tre corpi o un grande impatto dove i
frammenti vadano in orbita e si condensino dando la Luna. L’ultimo
meccanismo è accettato dalla maggioranza degli astronomi, vedasi Boss
(1986) o Palme (2004). Si ipotizza un impatto con un oggetto di
dimensioni marziane, ovvero di volume circa 10 milioni di volte quello
dell’asteroide che avrebbe terminato l’era dei dinosauri. Nell’impatto,
avvenuto tangenzialmente, il corpo impattante si sarebbe vaporizzato con
parte di materiale terrestre. Una frazione di questo materiale misto
sarebbe andata in orbita formando la Luna (essendo il volume di questa
circa un decimo di quello di Marte, la maggior parte del materiale
vaporizzato si sarebbe perduta nello spazio…). L’evento è datato
all’inizio della vita del nostro pianeta. Non mi risulta che sia stato
individuato il luogo dell’impatto, che successivi eventi geologici
terrestri potrebbero tuttavia aver occultato. Si è trovato che un tale
impatto potrebbe generare anche più di una Luna, vedasi Canup et al
(1999). È stata effettuata una simulazione matematica, ma siamo ben
lontani da un modello preciso ed una risoluzione accurata. Un’altra
possibile spiegazione per l’origine della Luna è la cattura, che può
avvenire in diversi contesti. Il più semplice è quello con la Luna come
oggetto isolato (proveniente ad esempio dalla fascia di Kuiper, o dalla
nube di Oort; o sia uno dei pianeti o pianetini non legati a stelle la
cui esistenza è emersa da poco).
Si avrebbe allora un problema gravitazionale a tre corpi, Luna, Terra e
Sole, dato che gli effetti degli altri oggetti del sistema solare
sarebbero trascurabili.
Schema della nube di Oort.
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Questa situazione definisce un problema di cattura a tre corpi. Ebbene è
noto che in questo caso la cattura è impossibile, anche per passaggio
della Luna assai ravvicinato.
Sarebbe invece possibile in presenza di forze non gravitazionali
ulteriori, quali una grande atmosfera frenante attorno alla Terra, entro
cui la Luna penetrasse. In tal caso, una volta che la Luna sia entrata
nella cosiddetta sfera di Hill, dove la gravità terrestre supera quella
solare, tre cose possono accadere: la Luna sfugge da una finestra nella
sfera, si schianta sulla Terra, oppure viene catturata.
In questo caso, calcoli di Nakazawa et al (1983) hanno mostrato il fatto
quasi incredibile che l’orbita lunare diventerebbe circolare in un tempo
brevissimo, una decina di anni. Altro caso di processo veloce in ambito
astronomico.
Lo Smithsonian Institute di Washington.
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La cattura della Luna è sempre possibile in una interazione
gravitazionale a quattro corpi, purchè i parametri dinamici abbiano
valori opportuni. Ed a maggior ragione è possibile in una interazione a
cinque corpi. Ovviamente come si può avere cattura, così si può avere
perdita (la cattura della Luna da parte della Terra sarebbe infatti una
perdita della stessa da parte dell’oggetto cui era prima legata…). È
stato proposto che Plutone e il suo doppio Caronte, scoperto da poco e
di dimensioni simili, fossero in precedenza satelliti di Nettuno,
perduti in qualche ignoto evento. Lo scenario che discuteremo avrà come
probabile la perdita del satellite precedente della Terra, identificato
in Marte, e quindi è un processo a cinque corpi.
Collochiamo la cattura della Luna, ovvero, per la mitologia, la nascita
della Luna, in un tempo a memoria di uomo. Ricordiamo che la memoria
umana si estende a tempi antichissimi. Ad esempio Sivertsen (2009) cita
una tribù indigena della California che ricorda con dettagli un’eruzione
vulcanica con caratteristiche inusuali, avvenuta verso il 5400 AC.
Una memoria estesa quindi per quasi 7500 anni, relativa a un avvenimento
interessante ma non clamoroso come l’apparire in cielo di un nuovo
satellite. Fra i proponenti una origine recente della Luna citiamo il
grande studioso Alfred De Grazia, che iniziò a occuparsi di
catastrofismo, o meglio per usare la sua terminologia, di quantavolution,
dopo avere incontrato Velikovsky. De Grazia ha ipotizzato che la Luna si
sia formata con materiale terrestre espulso per ragioni di instabilità
dalla regione dell’Oceano Pacifico. È una ipotesi che manca non solo di
una causa soddisfacente, ma che implica una tale catastrofe da
estinguere quasi certamente la vita sulla Terra. Inoltre il fondo
dell’Oceano Pacifico ha la stessa composizione di quello degli altri
oceani... Nel prossimo paragrafo proponiamo una cattura della Luna a
memoria di uomo, e precisamente alla fine dell’ultima era glaciale,
quando scomparve Atlantide. Proponiamo inoltre la quasi contemporanea
perdita del precedente satellite, individuato nell’attuale pianeta
Marte. Ci basiamo su dati storico-mitologici, anche se presentati in
modo non completo.
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Plutone e Caronte, forse un tempo satelliti di Nettuno.
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Origine recente della Luna in una cattura a 4 corpi?
Velikovsky nel libro mai pubblicato in America, ma ora edito dalle
edizioni Profondo Rosso a cura di Emilio Cozzi (da chi scrive messo in
contatto con la figlia Ruth di Velikovsky a Princeton), intitolato In
the beginning e disponibile nel sito di Jan Sammer contenente i lavori
non pubblicati di Velikovski, considerò brevemente l’evidenza di una
recente cattura della Luna.
A questa conclusione giunse sulla base di affermazioni nella Bibbia ed
in altre fonti. Qui con (V) indichiamo, senza entrare in dettagli
bibliografici, le fonti di Velikovsky, con (S) altre da noi scoperte.
• (S) I Chimu erano una popolazione della costa del Perù, con una
importante civiltà antecedente a quella degli Incas (il cui sviluppo
parte dal quattordicesimo secolo AD). Secondo i Chimu la Luna apparve in
una certa epoca nel cielo ed aveva un padre, il dio Pachamacac. Questo
dio era anche una delle divinità minori degli Incas, che pur erano
monoteisti. Il nome Pachamacac significa Colui che crea e anima tutto
nell’universo (macac = anima, pacha = universo). Vedasi Miccinelli et al
(1988).
• (S) I Malekula sono una tribù delle montagne della Nuova Guinea. In
questa grande isola ancora in parte allo stato primitivo esistono
centinaia di tribù, una volta in guerra fra di loro, e si parlano circa
700 lingue. Notevolissima è la variabilità genetica, dovuta a varie
ragioni, fra cui il fatto che le tribù non si mescolano fra di loro.
Sopravvivono tradizioni antichissime, trasmesse oralmente. Presso i
Malekula esiste la tradizione che ci fu un tempo in cui l’aria era piena
di vapori ed era impossibile vedere anche da vicino. Quando l’atmosfera
si schiarì il livello del mare era salito e molte terre erano scomparse.
E nel cielo splendeva un nuovo oggetto, la Luna..
• (S) Secondo gli Indù, vedasi Daniélou (2002), la Luna è apparsa dopo
che il mare si mise a bollire
• (V) Nella Bibbia, Giobbe si rivolge a Dio chiamandolo il Signore del
tempo in cui c’è la Luna e del tempo in cui la Luna non c’era. Vedasi i
Salmi 72-5 e il libro di Giobbe, 25-5 (*)
• (S) Censorino nel libro De die natali scrive che gli Arcadi affermano,
ma io non lo credo, che prima dell’esistenza della Luna l’anno aveva non
12 ma 3 mesi
• (V) Velikovsky nel libro citato elenca numerosi scrittori greci e
romani per i quali la Luna sarebbe apparsa a memoria di uomo. Fra questi
Democrito, Anassagora, Aristotele, Apollonio, Plutarco, Ovidio,
Hippolito, Luciano. Ricorda inoltre l’osservazione in questi autori che
in passato la Luna era più luminosa.
• (S) Esiste un importante simbolo islamico, la cui origine non è araba
ma turca; e qui ricordiamo che i turchi hanno alcune delle più antiche
tradizioni, solo in parte studiate, come la Epica di Manas dei Kirghisi,
che conta circa sei milioni di versi. Questo simbolo è una mezza Luna
avente al suo interno una piccola stella a cinque punte. Appare in varie
bandiere di paesi islamici, come Turchia e Pakistan.
Resti della civiltà Chimu. |
Il santuario di Pachacamac- Lima Perù |
La memoria umana può spingersi a migliaia di anni addietro nel passato.
Oltre a quanto sopra detto sugli indigeni della California che ricordano
speciali dettagli di una eruzione vulcanica del 5400 AC, la memoria di
Atlantide (ed eventi associati) è sopravvissuta per 9000 anni sino al
tempo di Platone, se è corretto associarla alla fine dell’ultima
glaciazione, come sostenuto ad esempio da Muck (1956), Barbiero (1974),
Collins (2000), Spedicato (1991, 2007a,b; 2010) ed altri.Memorie di
eventi ancora più antichi pare siano sopravvissute, ad esempio se
possiamo associare la più antica delle quattro catastrofi ricordate dai
Maya, quella dovuta al fuoco, ad un evento solo da poco scoperto,
avvenuto verso il 10.900 AC. Tale evento è stato l’impatto di un
asteroide, o forse di uno sciame di asteroidi, sulla regione dei Grandi
Laghi canadesi, allora coperta da circa 4 km di ghiacci. Parte dello
sciame potrebbe avere prodotto le finora inspiegate Carolina Bays,
depressioni ellissoidali presenti in migliaia sulla costa orientale
degli USA. L’impatto sarebbe avvenuto alla fine della cosiddetta Era
Clovis, caratterizzata da un addolcimento del clima glaciale e dalla
presenza di tribù assai abili nella caccia dei mammuth.
Avrebbe portato
ad un raffreddamento del clima, generando il cosiddetto periodo Younger
Dryas, caratterizzato da forti venti e tempeste (l’eco dei venti si può
vedere nella enigmatica frase di Platone secondo cui la città di
Atlantide era costruita in un luogo che colline proteggevano dai venti).
Un effetto più immediato dell’impatto sarebbe stato l’arrivo di vento
caldissimo nella regione americana con vegetazione a sud dei ghiacci.
Quindi foreste in fuoco, da cui l’associazione con il fuoco della prima
catastrofe. E tali fuochi hanno generato uno strato di materiale
nerastro di vegetazione solo in parte bruciata (grandi fuochi non
bruciano tutto poiché l’ossigeno si esaurisce), chiamato black mat. Chi
scrive lo ha osservato in varie cave nel deserto Escalante, nello Utah
meriodionale, dove fu accompagnato da un grande studioso non accademico,
Evan Hansen. Effetti assai notevoli sarebbero stati osservati in parte
del Vecchio Mondo, presenti nella Bibbia ma interpretati in senso
metafisico, quando si tenga conto che un giorno di Dio vale mille anni,
come dicono un salmo ed il Talmud. E possiamo ipotizzare che eventi
anche più antichi siano stati memorizzati, dato che una possibile
interpretazione del valore cronologico effettivo degli yuga indiani,
vedasi Spedicato (2009), indicherebbe due date, 19.000 e 27.000 AC, sul
cui significato si possono fare ipotesi, ma non in questa sede.
Fine articolo
(*)
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Note di Pianeta Marte.net
Salmo
72, 5 afferma:
"Essi ti temeranno finché dureranno il sole e la luna, per
tutte le generazioni." (Nuova Riveduta)
"Ti
temeranno fin che duri il sole, finché duri la luna, per
ogni età!" (Luzzi/Riveduta)
Giobbe
25, 5 afferma:
"Se
neppure la luna è splendente, e le stelle non sono pure ai
suoi occhi" (Nuova Riveduta)
"Ecco, la luna stessa manca di chiarore, e le stelle non son
pure agli occhi di lui" Luzzi/Riveduta)
A rigor di termini, questi due versi biblici non offrono
alcun riferimento a sostegno dell'ipotesi secondo cui la
nostra attuale Luna sia di recente acquisizione/formazione.
RECENSIONE DEL NUOVO
LIBRO DEL PROF. EMILIO SPEDICATO
"ATLANTIDE
E L'ESODO: Platone e Mosè avevano ragione"
Questo libro si occupa
delle due catastrofi forse più importanti nei testi antichi.
La prima, quella di Atlantide, oggetto di migliaia di
lavori, è riferita da Platone usando informazioni date in
Egitto a Solone. A differenza della maggior parte degli
altri studiosi, accettiamo la data platonica, circa 9500
a.C., e spieghiamo l’evento nel contesto della fine,
avvenuta velocemente, dell’ultima glaciazione. Proponiamo
come causa il passaggio ravvicinato di un grande oggetto,
che cedette alla Terra un satellite, divenuto la Luna. La
seconda riguarda l’Esodo degli Ebrei dall’Egitto. Partendo
da un passo di Orosio associamo l’evento al diluvio di
Deucalione e all’esplosione di Fetonte, questo considerato
un corpo celeste in orbita instabile attorno alla Terra.
Proponiamo un nuovo itinerario di Mosè nel Sinai e
individuiamo il luogo del “passaggio”, un evento spiegato in
modo diverso dagli altri studiosi. In conclusione spieghiamo
come fatti reali le vicende narrate da Platone e nella
Bibbia. Emilio Spedicato si è laureato in Fisica e ha
ottenuto il dottorato in Matematica computazionale in Cina
(il primo conferito a un non cinese). Ha lavorato per sette
anni in un centro di ricerche nucleari, a Stanford e in
altre università straniere. Ha risolto il decimo problema di
Hilbert nel caso lineare, il più importante risolubile.
Professore ordinario di Ricerca operativa all’Università di
Bergamo, da una trentina d’anni si occupa di discontinuità
da catastrofe nelle epoche antiche.
Il Direttore di
Pianeta Marte.net desidera esprimere un ringraziamento
personale al Prof. Spedicato per due fondamentali ragioni:
1) per il fatto di essersi dimostrato uno dei maggiori
estimatori della Teoria del Sistema binario Terra-Marte; 2) per la menzione - seppur
soggetta a piccolo lapsus mnemonico - a pag. 11 del medesimo
libro che citiamo testualmente: "Devo qui ringraziare
Marco Fagone (che va correttamente letto con Matteo Fagone),
appassionato studioso dilettante di Marte, per l'idea che
Marte fosse un precedente satellite...". Sebbene
Pianeta Marte non condivida totalmente il quadro
descrittivo del libro, rimane tuttavia un lavoro che merita
un'attenta lettura in quanto offre ottimi spunti di
ulteriore approfondimento.
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