CARATTERISTICHE DI
SUPERFICIE CHE OFFRONO QUALCHE FORTE INDIZIO SULLA PRESENZA DI PETROLIO SU
MARTE - Riprendiamo e continuiamo il nostro
affascinante discorso sul petrolio di Marte. Vogliamo dare la parola alle immagini?
Ovviamente sono "solo" immagini e, per giunta, in b/w. Quindi non possiamo
pretendere che delle immagini in banco e nero possano costituire un
elemento probatorio al 100%. Lo sappiamo molto bene.
Iniziamo la nostra
rassegna prendendo in esame un particolare tratto dal frame PSP_003180_0945. Su queste curiose
formazioni, denominate "fans", esistono svariate interpretazioni e
molte incertezze. Poichè l'ubicazione di questi "sbuffi" corrisponde a regioni
molto prossime al Polo Sud (-85,4° N, 104,1 E) si suppone siano il prodotto dei
meccanismi planetari innescati quando Marte si appresta a
raggiungere l'equinozio di primavera, appunto, nell'emisfero meridionale.
Non appena il CO2 comincia a sublimare dal suolo, esso passerà direttamente
allo stato gassoso contribuendo ad inspessire l'atmosfera del
pianeta e mettendo in moto forti correnti d'aria. Apparentemente
potrebbe trattarsi di polveri scure subsidenti al CO2 e "direzionate" in
quel modo dalle correnti d'aria.
Altri ipotizzano che
tali tracciature siano emissioni provenienti dal sottosuolo
marziano. In pratica, quel materiale avrebbe origine nel punto che
interseca i due "bracci". Ma, se così fosse, starebbe ad indicare
l'esistenza di fonti geotermiche dalle quali verrebbe emesso un
qualche tipo di sostanza dal sottosuolo.
Due ipotesi
affascinanti le quali, alla fine, ci vengono persino
incontro! Sono proprio gli stessi Ricercatori a domandarsi cosa
accade, d'altronde, quando il CO2 torna a coprire quelle regioni.
Per cui è difficile che questi "fans" si possano spiegare solo con
meccanismi meteorologici ciclici, tanto più qualora ci fossero
veramente estese
fonti geotermiche. Nel caso la temperatura del suolo fosse
effettivamente più
elevata rispetto a quella di solidificazione del CO2, probabilmente
dovremmo vedere
nebbie di CO2. Resterebbe da
ipotizzare quindi la presenza di sorgenti geotermiche più profonde. Ma, qualsiasi
sostanza fuoriuscisse, avrebbe però tutto il tempo di raffreddarsi e
accumularsi nei dintorni del punto d'emissione senza allargarsi
troppo.
In virtù di queste ragioni
noi optiamo per una soluzione mista, dove tutte le condizioni
planetarie giochino un loro ruolo determinante nella conformazione
geologica della regione sub-polare. Pertanto riteniamo che quei "fans"
siano emissioni di idrocarburi giacenti nel sottosuolo ad una
profondità relativamente piccola.
L'ipotesi di qualche sorgente termale
(proposta peraltro da alcuni Scienziati e Ricercatori Indipendenti)
situata a maggiori profondità ci piace parecchio. La pressione interna,
unita al calore, potrebbe
concorrere all'emersione di tali idrocarburi (come il petrolio) verso la
superficie.
Questa immagine è
un estratto dal frame PIA08541 relativo alle coordinate -68,1° N e
175,6 E (regione prossima al Polo Sud). Nel commento NASA originale
si legge: "This south polar region crater
contains a mitten-shaped dune field". Non si può certo
sostenere il contrario sull'effettiva presenza di queste dune nel
fondo del cratere. Ma, la cosa che più ci interessa e ci affascina,
è proprio la differente dominante cromatica tra il terreno che forma
il cratere ed il terreno scuro intorno alle dune (oltre che le dune
stesse).
Quali ipotesi
offriranno una spiegazione accettabile sull'origine del terreno scuro?
Purtroppo non è semplice rispondere.
Chissà, forse l'acqua liquida avrà riempito il fondale del cratere,
creando un gran cumulo di fanghiglia... Beh, Non è poi una soluzione
così improponibile. Ma, nelle regioni sub-polari, l'acqua
dovrebbe tendere a formare lastre di ghiaccio, come alcuni
fotogrammi MGS hanno ripetutamente mostrato; oppure rimanere
solidamente imprigionata nel terreno sotto forma di permafrost. Ed è per queste
ragioni, oltre alla curiosa texture della zona scura, che siamo
ancora una volta propensi verso l'ipotesi degli idrocarburi
emergenti e mischiati al terreno. Una grande quantità di idrocarburi
resistenti sia alle basse temperature sub-polari che alle basse
pressioni atmosferiche.
La domanda è,
pertanto,
d'obbligo: nel caso volessimo optare per il giacimento petrolifero
affiorante, da dove arriverebbe tale quantità di idrocarburi? O meglio:
quale sarebbe l'esatto punto d'origine? La nostra idea,
fondamentalmente, è
che esso scaturisca, oppure sia scaturito, dalla porzione di terreno verso sinistra,
quindi
abbia gradualmente invaso il fondo del cratere e, infine, potrebbe
aver
riempito tutto, divenendo esso stesso la causa della formazione
delle dune.
Prendiamo in esame il
frame 20040422a (sopra a SX) ed il V08512006 (sopra a DX).
Per l'ennesima volta ci troviamo in una regione prossima al Polo Sud di
Marte: -67.064 N e 55.333 E.
E' inevitabile,
giunti a questo punto del nostro articolo, chiederci quanto siano
effettivamente porosi i terreni marziani in generale. E, trattandosi
di porosità, non ci riferiamo esclusivamente alla capacità di
assorbimento del suolo, bensì alla capacità di far emergere verso la
superficie possibili fluidi sotterranei, magari fermi a profondità
medio-basse. L'ipotesi che
qualcuno ha recentemente avanzato è sempre incentrata sull'acqua
liquida affiorante, sufficiente da accumularsi dando origine ad un
invaso lacustre. Ed anche qui noi non scartiamo a priori l'idea.
Se nonché ci sorgono
legittimi dubbi, dei quali abbiamo già discusso: per accumularsi acqua a sufficienza da formare un
laghetto occorrono 1) pressione atmosferica adeguata; 2) calore
esterno e, possibilmente, interno; 3) tempo; 4) terreno capace di trattenerla. Circa una
possibile fonte di calore sotterranea, lo ripetiamo, non siamo
contrari... Pertanto optiamo senz'altro per l'affioramento di
idrocarburi (simili al petrolio).
Riteniamo plausibile
che sotto il cratere di idrocarburi ve ne siano una notevole quantità
giacenti ad una profondità non troppo elevata. Evidentemente
l'azione combinata del cambio stagionale, di una qualche fonte
geotermica interna e di smottamenti dovuti allo
scioglimento-congelamento di CO2 imprigionato nel terreno potrebbero
favorire (o aver favorito) l'affioramento degli idrocarburi.
Infine, come appena detto, l'apparente
porosità di quella specifica porzione di cratere risulta fin troppo
evidente dal fatto che qualcosa sembra aver "inzuppato"
il terreno, fino a creare l'invaso stesso che ricorda un laghetto.
Una fiancata del
cratere, come potete notare, sarebbe stata letteralmente percorsa ed
immersa dagli idrocarburi affioranti fino a raggiungere la grande
chiazza al centro del cratere stesso.
C'è poi un'altra
curiosità legata a questa regione: osservate attentamente i due
frames e provate a quantificarne le differenze. Non sarà che qualcosa
potrebbe essere
cambiata tra uno scatto e l'altro? A fine agosto 2007 alcuni
ricercatori italiani ne hanno ampiamente discusso, a
riprova che l'argomento che stiamo trattando non è poi così nuovo o
eclatante.
La nostra carrellata
sui possibili affioramenti di idrocarburi marziani prevede anche
l'analisi dei cosiddetti "seeps". Quello che potete vedere qui a
fianco ne è un esempio ed è situato presso Phlegra Dorsa. Abbiamo
scelto questo frame perchè costituisce un ulteriore elemento di
continuità con i commenti dell'astrofisico dr. Paolo C. Fienga risalenti
a circa
2 anni or sono. La presenza di
"seeps" sulla superficie di Marte è ben risaputa, ma riguardo la
loro origine le opinioni sono piuttosto contrastanti. In ogni caso
molto accreditate sembrano, ancora una volta, le ipotesi incentrate
sull'acqua affiorante da qualche sorgente localizzata, in genere,
dentro i versanti di alcuni crateri.
Di questi "seeps" ne
abbiamo osservato attentamente parecchi e, alla fine della nostra
analisi, l'ipotesi del dr. Fienga ci è sembrata assolutamente la
migliore e la più coerente. Siamo anche noi ben convinti che anche i
"seeps" testimoniano la presenza di idrocarburi situati nel
sottosuolo marziano i quali, per varie ragioni (climatiche,
sismiche, termiche...) riescono ad affiorare e mischiarsi fra le
polveri superficiali.
Per quanto concerne Aram Chaos sarebbe
inutile ripetere quanto già scritto, quindi
rimandiamo agli articoli precedentemente inseriti su Pianeta Marte.net. Le immagini qui sopra, edtate dal dr. J. P. Skipper, sono state comunque
riproposte affinchè ciascuno possa ulteriormente e liberamente compararle
con le altre.
MA COS'E' IL PETROLIO? - Il petrolio, detto anche "oro nero", è un
liquido infiammabile, denso e di colore prevalentemente nero, ma tendente
al marrone scuro o al verdognolo. Sulla Terra si trova in alcuni punti
negli strati superiori della crosta. Esso è
costituito da una mistura di idrocarburi
(solitamente alcani), ma con qualche variazione nell'aspetto, nella
composizione e nelle proprietà.
Vi sono divergenti opinioni circa la sua
formazione ed origine. La teoria biogenica è quella supportata dalla
maggior parte dei geologi petroliferi; essa
sostiene che il petrolio deriverebbe basilarmente da materia organica
rimasta sepolta per lungo tempo la quale si scomporrà in un materiale
ceroso noto con i nomi di pirobitume o cherogene. Sotto
l'azione di calore e pressione si trasformerà successivamente in idrocarburi. Alternativamente alle teorie
biogeniche vi sarebbero altri ricercatori che ritengono il petrolio un
composto abiotico originatosi in condizioni naturali alla stessa
formazione della Terra. Ciò significa che un'elevata concentrazione di
carbonio sotto pressione e calore avrebbe catalizzato molecole basilari di
metano successivamente trasformatesi in ulteriori idrocarburi più
complessi. Un'ipotesi coerente col secondo principio della Termodinamica
ma, sebbene esistesse, sarebbe comunque presente in quantità minime
rispetto al petrolio di origine biogenica.
SPERANZE E PROBLEMATICHE
SCIENTIFICHE - Veniamo alla parte cruciale del nostro
soggetto. Come avremo potuto constatare, siamo partiti dai primordi della
Terra e della vita, almeno stando ai modelli evoluzionisti. Abbiamo preso
in esame diversi fattori legati alle presunte proprietà che
l'acqua avrebbe svolto nei processi evolutivi della vita e ci siamo
effettivamente resi conto che, in un modo o nell'altro, la presenza degli
idrocarburi è un dato di fatto che abbraccia intere epoche.
Gli scienziati sono (crediamo) estremamente
motivati nella ricerca di una o più prove confermanti le loro
rispettive ipotesi secondo cui la vita comparve nell'acqua, arricchita dai composti
organici primordiali sottoposti a continue trasformazioni. Di conseguenza Marte
rappresenta una specie di "Mecca della Speranza". Se solo trovassero
tracce di batteri vivi (o fossili) sarebbe già un trionfo scientifico
importantissimo per questi ricercatori. Significherebbe che la vita su
Marte avrebbe avuto, sì, un inizio - chissà - pari pari al nostro, ma
anche una relativa evoluzione ed un conseguente epilogo praticamente
ricalcante le previsioni dei modelli evolutivi. Un vero trionfo.
Ma cosa accadrebbe se, d'altro canto, le
immagini qui commentate corrispondessero davvero a quanto da noi
ipotizzato? Può darsi che dovremmo rivedere tutto il problema
"Vita" da una prospettiva - magari - inversa. Se gli idrocarburi
marziani fossero reali e di origine biogenica allora
significherebbe che la vita su Marte c'è stata sicuramente. E non solamente
batteri e microbi vari, ma Vita complessa. Vita diffusa nel pianeta e che vi proliferò.
In altre parole: qualora la vita su Marte
fosse stata una realtà, sarebbe quantomeno saggio
rivedere tutto il castello di teorie evolutive proposto dagli scienziati e
domandarci
quanto sia corretto e coerente partire dall'acqua per cercare le prove
della vita piuttosto che dall'analisi degli idrocarburi. A pensarci bene, da quando
è stata scoperta la presenza di metano nell'atmosfera marziana stiamo
effettivamente assistendo a questo giusto approccio d'indagine.
(Piccola
parentesi: metano = idrocarburi, quindi si capisce ancor più che il nostro
discorso non è affatto fantasia bacata).
La presenza di petrolio potrebbe essere
sinonimo di Vita, pertanto il problema dell'acqua rischierebbe di diventare
secondario dal momento che non avrebbe senso cercare batteri fossili
marziani se,
probabilmente, c'erano forme d vita superiori su tutto il pianeta.
Ribadiamo che stiamo navigando nel mare delle speculazioni in quanto i
nostri commenti alle immagini prese in esame sono, per correttezza ed
onestà verso i Lettori, "interpretazioni". Probabilmente buone
interpretazioni. Ciò nonostante siamo spinti a pensare che Marte fu un
pianeta vivo. Col tempo, forse raccoglieremo altri indizi
importanti a favore di questa suggestiva ipotesi.
IMPLICAZIONI CHE VANNO OLTRE LA
SCIENZA - Il dibattito oggi più che mai
verte sull'origine stessa della vita, ovvero se la vita sia il prodotto di
"semplici" interazioni e trasformazioni della materia gestite dal cieco
caso oppure un atto cosciente messo all'opera da qualcuno. Per quel che
concerne Pianeta Marte.net, al di là dei pregiudizi psicologici diffusi
nella società odierna, riteniamo che la seconda opzione non sia affatto da scartare brutalmente e indegnamente.
Naturalmente lasciamo che ciascuno tragga le proprie conclusioni in merito all'identità
del "qualcuno". Una cosa è certa: l'interesse per
la vita su Marte è fortissimo; la volontà per cercarne le prove sembra
altrettanto forte. Tuttavia, piuttosto che fermarsi solo all'acqua come sinonimo di vita
forse sarebbe più sensato pensare alla vita come bisognosa dell'acqua.
Varrebbe la pena non cercare solo batteri, bensì
reminescenze di altre forme di vita più complesse.
Nel 1976 le
missioni Viking avevano, fra le altre cose, il compito di eseguire i tre famosi esperimenti
(che in realtà dovevano essere quattro) per cercare tracce di vita nel
suolo di Marte ma, a da recenti sviluppi nelle metodologie di indagine
esobiologica, diversi ricercatori si sono resi conto che essi furono concepiti
in funzione di criteri e presupposti preconfezionati secondo il pensiero
dell'epoca. A distanza di oltre 30 anni si discute ancora circa
i risultati di quegli esperimenti, tant'è vero che oggi alcuni hanno
"accusato" le sonde di aver compiuto uno sterminio di batteri marziani!
Non sarà che stiamo assistendo ad un graduale ripensamento, o roba del
genere? Alla fine il vero problema di fondo non è su Marte, ma è
proprio nel nostro cervello. Siamo noi quelli che fanno e disfano teorie
su teorie, probabilmente nel disperato (e squallido) tentativo di
mantenere tutto esattamente così com'è, finchè farà comodo naturalmente. E
qui non c'entrano i complotti e le cospirazioni, ma solo la nostra natura
umana paradossalmente avventuriera e - sotto sotto - codarda.
AGGIORNAMENTO AL 2010 -
Recentemente, durante un'intervista ad un ricercatore italiano
all'emittente Radio 1 Rai, fu espresso in sostanza che su Marte è
estremamente improbabile trovare petrolio di nessun genere perchè, in base
alle rilevazioni ed alle conoscenze attuali della struttura interna della
Terra, non sono stati trovati attualmente sufficienti giacimenti di
petrolio abiotico tali da giustificarne una presenza anche altrove,
presupponendo ovviamente che la formazione dei pianeti rocciosi sia
avvenuta fondamentalmente allo stesso modo. Su Marte si può trovare solo
gas naturale (metano). Lo scienziato ha però parlato della teoria abiotica
del petrolio evidenziando il pensiero dei rispettivi sostenitori i quali
ritengono che sulla Terra ne esista una riserva quasi inesauribile.
Da parte nostra, a proposito degli
idrocarburi (e del petrolio in modo particolare), riteniamo valide sia la
teoria biogenica che quella abiotica. Dopotutto sarebbe un po' prematuro
fare delle stime sull'ammontare degli idrocarburi di origine biologica e
di quelli abiotici quando in effetti non conosciamo che una briciola del
nostro stesso pianeta e degli altri pianeti del nostro stesso sistema
solare. L'ammontare degli idrocarburi biogenici o abiotici potrebbe
dipendere da vari fattori, ma legati comunque al tasso di accrescimento e
alle dinamiche di formazione dei pianeti (o alla loro creazione) ed al
tipo di biosfera sviluppatasi successivamente (o impiantata). Dal momento
che gli idrocarburi sono tuttora presenti in enorme quantità al di fuori
della Terra e, tenendo conto che sono stati parte fondamentale ed
integrante della formazione del sistema solare, riteniamo senz'altro
probabile che sotto la superficie di Marte vi siano abbondanti giacimenti
di petrolio abiotico, ma modeste quantità di petrolio biologico.
Immagine originale NASA |
Immagine ripulita dall'eccesso di rosso |
Immagine originale NASA |
Immagine ripulita dall'eccesso di rosso |
CONCLUSIONE - C'è poi infine un aspetto diciamo pure
commerciale (e politico): ammesso che ce ne sia veramente, a chi interesserebbe il petrolio di Marte
e per quale utilizzo o
fine commerciale futuro? Chi diverrà il legittimo titolare dei diritti
legali quando l'uomo sbarcherà su Marte e darà vita alla Nuova Economia
basata sulle risorse minerarie del Pianeta Rosso? Pensiamoci sopra...
E per chiudere
riproponiamo questi quattro frames, ponendo una semplicissima
domanda a cui ciascuno sarò libero di dare la propria risposta. Qual è il metodo o sistema più semplice,
rapido, indolore ed economico per mascherare una potenziale gran quantità di
petrolio che di tanto in tanto affiora in superficie riempiendo le sabbie rossicce di Marte?