Naturalmente, non possiamo che
complimentarci per l'ottimo risultato del lavoro svolto dagli Scienziati del MIT
a proposito dello studio e della comprensione del cervello umano. Desideriamo
rendere partecipi i nostri Lettori di questa affascinante scoperta
nel seguente articolo del giornale "
La Repubblica.it"
Il
cervello "vede" per schemi legati alle zone di luci e ombre |
Gli studiosi del Mit: non hanno
importanza nasi o bocche ma luci e ombre Una ricerca scopre nel nostro cervello
il segreto del "riconoscimento"
Ecco perché vediamo facce anche dove non esistono
di CLAUDIA DI GIORGIO
ROMA
- Per gli esseri umani, una delle specie più sociali mai apparse sulla
Terra, riconoscere un volto è così importante che c'è una parte del nostro
cervello che si è evoluta apposta per individuare esclusivamente le facce:
un onore che non ha avuto nessun'altra parte del corpo né alcun altro
oggetto.
Ma che cos'è che distingue un volto da qualunque altra cosa, tanto da
permetterci di identificarlo anche nelle immagini più sfocate? E come mai,
invece, può capitare di vedere una faccia anche dove non c'è?
A queste domande sta dando una sorprendente risposta un gruppo di
ricerche, su cui riferiva ieri anche il New York Times, da cui
emerge che a far scattare l'attività dei neuroni giro fisiforme (il nome
della circonvoluzione cerebrale che riconosce i volti) bastano pochissimi
elementi, purché siano disposti nel modo giusto. Questi elementi non sono
"due occhi, un naso e una bocca", che sono strutture tutto sommato
complesse e ricche di dettagli, ma più semplicemente dei rapporti tra zone
in luce e zone in ombra: come il fatto che la bocca si trova nel terzo
inferiore del viso, ed è sempre più scura delle guance che le sono
accanto, mentre gli occhi sono nel terzo più in alto, e sono più scuri
della fronte che sta sopra. Pawan Sinha, direttore del laboratorio di
ricognizione visiva del Massachusetts Institute of Technology, ha
individuato dodici di questi rapporti, che costituiscono in totale una
sorta di modello universale di faccia. |
Un banale
gioco di macchie, insomma, ma che al nostro cervello (e secondo alcuni studi,
anche a quello delle scimmie) è più che sufficiente per vedere una faccia anche
in una foto da cui è stato cancellato ogni altro dettaglio. E per vedere facce
anche dove facce non ce ne sono affatto, come dimostrano esempi quali la famosa
"faccia su Marte", individuata nella regione Cydonia del Pianeta Rosso da vari
ufologi; oppure il toast al formaggio con l'immagine della Madonna che una
signora della Florida è riuscita a vendere su Internet per la bella cifra di
28.000 dollari; oppure ancora addirittura il volto del diavolo intravisto da
alcuni nel fumo che circondava le Torri Gemelle l'11 settembre 2001.
Il bello, infatti, è che la capacità del nostro cervello di ricostruire
l'immagine di un volto disponendo solo di pochi tratti cruciali lo rende anche
molto più suscettibile agli inganni. Ma secondo Pawan Sinha, che a gennaio è
stato premiato dalla National Academy of Sciences proprio per queste ricerche, è
un rischio che vale la pena di correre. Le informazioni trasmesse dai volti sono
così preziose, dice, che è meglio vederne uno dove non c'è che non riconoscerlo
quando c'è davvero.
(14 febbraio 2007)
Ma cosa avevamo
scritto di così eclatante? Nulla di eclatante. Avevamo introdotto un elemento
informatico nella descrizione della Pareidolia. Ve lo riproponiamo: "Fondamentalmente la Pareidolia è
la descrizione di una parte del "software" insito nel nostro cervello; potremmo
paragonarla ad una subroutine di riconoscimento delle forme familiari, nella
fattispecie "volti umani". Il "software", in questo specifico caso inteso nel
suo insieme, comprende tutti gli schemi cognitivi di qualsiasi insieme regolare
all'interno di insiemi irregolari e/o caotici. La diretta conseguenza di tale
presupposto ci porta, paradossalmente, al punto di partenza e cioè che il
riconoscimento automatico delle forme regolari non è, in quanto tale, la causa
delle forme regolari stesse."
Una scoperta che
i Ricercatori del MIT hanno splendidamente correlato nell'attivazione dei
neuroni giro fisiforme, permettendo di comprendere meglio il meccanismo della
Pareidolia. Nel nostro articolo del novembre 2006 avevamo invece descritto la
Pareidolia quale subroutine facente a sua volta parte del sistema di
riconoscimento più complesso insito nelle intrigate strutture neurali del
cervello. Scrivemmo anche:
"...è indispensabile seguire un
determinato processo dal suo inizio fino al suo epilogo; in tal caso potremo non
solo valutare l'entità dell'insieme "pareidolico", ma potremo
studiarne gli effetti che esso esercita sulle nostre facoltà cognitive al
momento di osservarlo e identificarlo (con o senza stimoli subliminali o
forzati)... Sono poi le differenze culturali e le nozioni acquisite nel tempo
che differenzieranno i sottoprocessi elaborativi della subroutine "Pareidolia",
a sua volta parte del "software" di riconoscimento delle forme regolari negli
insiemi caotici".
Dunque il nostro
accostamento ben si sposa con le ricerche di questi Scienziati, anticipandone
ampiamente i presupposti e persino le implicazioni pratiche. Notate ancora cosa
scrivemmo allora: "...in
mancanza di nozioni tecniche in Fisica, Geologia, Archeologia ecc., il nostro
cervello non potrebbe facilmente sviluppare adeguati riferimenti di base in
grado di filtrare le percezioni visive attraverso "marcatori razionali". E
questo dato di fatto è essenziale per "ripulire" le interpretazioni al peggio
dettate da concezioni approssimative in possesso al momento dell'osservazione di
un presunto artefatto spaziale...
La Pareidolia non va però
considerata dal lato strettamente negativo. Immaginate un archeologo
intento a scavare su un terreno ritenuto potenziale luogo di ritrovamento
di reperti antichi: cosa pensate lo guiderà a individuare un oggetto da
recuperare? Saranno solo ed esclusivamente le nozioni tecniche acquisite a
scuola? Ovviamente il cervello
riconoscerà le forme regolari nel caos, così l'archeologo, un po' per
istintivo meccanismo mentale e un po' per maturata conoscenza tecnica,
individuerà un frammento d vasellame, un coperchio, una statuetta ecc...".
Dopo la triste presa in giro relativa alla
"Bella Statuina Marziana" da noi condannata duramente, riteniamo ancor più
importante rammentare a tutti l'importanza del Buon Senso e del Pragmatismo.
Siamo davvero molto lieti dei progressi che la Ricerca Scientifica compie nello
studio del cervello umano. Chi veramente si considera uno
Studioso/Ricercatore/Appassionato serio e ben motivato non trascuri mai queste
nozioni.
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