Non è difficile immaginare quanti dubbi e perplessità potrebbero nascere intorno alla Missione della sonda Phoenix. Forse dovremmo spendere ancora qualche parola sull'argomento... La domanda fondamentale è sempre la stessa: cosa c'è nella regione di Vastitas Borealis poco sotto lo strato di superficie apparentemente polverosa e secca? Forse c'è il sale o l'acqua ghiacciata; forse c'è solamente del CO2 ghiacciato, o magari tutti quanti. E se invece non ci fosse proprio niente di particolarmente interessante?
Nell'articolo "I BRUTTI SEGNI DELLA CONTRADDIZIONE", avevamo prospettato cinque scenari contrastanti a seguito dell'apparente incongruenza tra i dati atmosferici ed alcune immagini mostranti la "sofficità" del terreno marziano, una sofficità così evidente che il "robotic arm" non ha faticato molto per raccogliere dei campioni di suolo da analizzare. Vi invitiamo a rivedere l'articolo prima di proseguire. C'è qualcosa che non avevamo ben considerato e che faremo adesso. Sulla Terra esiste sempre e comunque un tasso di umidità relativa ovunque, può variare di poco o di tanto in percentuale a seconda della stagione, della latitudine, delle condizioni meteo locali ecc., ma essa è parte integrante della nostra atmosfera. Quindi, allorchè le temperature scendono sotto lo zero Celsius, il terreno tende a compattarsi principalmente in funzione della percentuale d'acqua presente in esso. Non tralasciamo poi l'effetto che l'atmosfera stessa può esercitare in qualità di conduttore termico. Su Marte la situazione è simile alla nostra, teniamo conto però della differenza di pressione al livello del suolo, dell'umidità relativa e dell'effettiva presenza di acqua frammista al terreno. Ovviamente non significa che le temperature rigide non producano di per sè un qualche tipo di alterazione nei confronti della materia solida o fluida.
Supponiamo, ad esempio, di trovarci sulla Luna in pieno giorno e di prelevare campioni di suolo come fecero gli astronauti delle Missioni Apollo. Ebbene, in presenza della luce solare le temperature sulla Luna si aggirano intorno ai 100°C, o poco più, mentre il terreno risulta generalmente soffice e facilissimo da raccogliere. Tuttavia, basta andare all'ombra di un grosso macigno, oppure nel bordo in ombra di un cratere, per piombare immediatamente a temperature di -150°C. Cosa accadrà se volessimo prelevare campioni di terreno lunare non illuminati dal sole? In questo caso è altamente probabile che esso manterrà ancora una sofficità elevata, rendendo ugualmente semplici le operazioni di raccolta. Il motivo di ciò?
I solidi, sappiamo, si potrebbero definire come "fluidi ad altissima densità". D'altro canto i fluidi, nel senso corretto del termine, hanno caratteristiche di densità molto diverse, vuoi per i gas o per i liquidi. Ad ogni modo solidi e fluidi interagiscono fra di loro quando si trovano a contatto nello stesso volume di spazio. Così l'acqua reagirà in modo differente al cambiare della temperatura rispetto ai componenti minerali del suolo. Ecco perchè, sulla Terra, il terreno diventa duro e compatto quando fa molto freddo. Che dire di Marte? Osservate attentamente la figura 2 la quale mostra il terreno fotografato da Phoenix. Il suolo evidenzia chiare ricorsività strutturali, pattern, che apparentemente potrebbero costituire un indizio su come l'acqua interagisca con il terreno al variare della temperatura, dell'umidità relativa e della pressione atmosferica. C'è però un piccolo problema: stando ai dati NASA le temperature medie a quelle latitudini non salgono mai oltre i -30°C quindi, teoricamente, non ci si dovrebbe aspettare di vedere acqua ghiacciata in fase di scongelamento. E visto che la sonda non si muoverà mai, sarà altrettanto complicato sapere cosa accade solo 50 metri più avanti (o indietro). Forse le prossime immagini ci sveleranno qualcosa, forse... Una prima serie di valutazioni sommarie dovrebbe spingerci verso le tre seguenti deduzioni:
E questo ci porta sempre al punto di partenza e alla domanda che assilla tutti gli appassionati di Marte: sotto il terreno di Vastitas Borealis cosa c'è effettivamente? Fossero semplici le cose da risolvere! Nelle figure 2 e 3 abbiamo due particolari che riteniamo molto importanti da commentare: 1) una sezione di suolo praticamente bianca situata proprio sotto il lander, 2) un certo numero di "bolle" attaccate nella "zampa" (sinistra) del lander. Di che si tratta?
Fra le tre opzioni, molti scienziati e Ricercatori Indipendenti caldeggiano l'ipotesi dell'acqua, rafforzata proprio dalle "bolle" visibili su uno degli appoggi della Phoenix, le quali potrebbero essere condense di vapore acqueo congelatesi immediatamente dopo l'atterraggio della sonda. La figura 3 è una nostra elaborazione in falsi colori con enfasi dei toni chiari per rendere più visibili le "bolle".
Come si dovrebbe interpretare dunque la texture del suolo marziano ripreso dalle fotocamere di Phoenix? Questa è un'altra bella domanda alla quale non è possibile offrire una risposta univoca e definitiva. Tuttavia...
Resta ampiamente plausibile l'ipotesi che prevede temperature nettamente più elevate nel sottosolo di Vastitas Borealis, forse dovute a qualche tipo di fonti geotermiche situate a medie profondità, ipotesi da noi supportata nella serie di articoli dedicati alla possibile presenza su Marte di giacimenti petroliferi e relativi affioramenti in superficie. Dato che l'argomento non è propriamente semplice, magari una bella illustrazione potrebbe rendere l'idea in modo convincente.
Non possiamo invece nascondere il nostro interesse sull'esistenza - ed in modo permanente - di un sottilissimo strato di brina d'acqua sopra il terreno di Vastitas Borealis. Infatti, se davvero le temperature non salgono mai oltre i -30°C l'umidità atmosferica relativa dovrà sempre e comunque riversarsi al suolo sotto forma di brina asciutta che non sarà quindi assorbita, lasciando il terreno sottostante secco e soffice da raccogliere. LASCIAMO CHE LE IMMAGINI CI SPIEGHINO...
Le tre immagini qui sopra sono relative al sol 7. In pratica il "Robotic arm" ha effettuato il primo scavo nel terreno, dalla curiosa forma di impronta di scarpa, profondo alcuni centimetri. Osservando la versione colorizzata dal Personale Tecnico NASA (fig. 8) non si intravede praticamente nulla di eccezionale, tutto sembra uniformato all'ormai classico standard del "pianeta rosso". In realtà così non è. Abbiamo effettuato una prima "sgranatura" del filtro rosso-arancione (fig. 9) e sono emerse le prime tracce interessanti sul fondo dell'impronta. Purtroppo non si nota molto, ma guardate bene che ci sono. Provate ad ingrandire l'immagine se volete. La fig. 10 rappresenta l'ulteriore nostro tentativo di estrapolare l'invisibile attraverso un processing più marcato, efficace e non deleterio verso i "natural colors" del terreno. Finalmente all'interno dello scavo si intravede una piccola frazione di qualcosa di diverso dal contesto. Cosa c'è li sotto? Acqua ghiacciata? CO2? Sale? La risposta è arrivata durante il sol 9. Il "Robotic Arm" di Phoenix ha effettuato il secondo scavo sullo stesso punto rimuovendo altro terreno così da far emergere la sottostante "white spot" prima invisibile. Abbiamo tentato di estrapolare i "natural colors" anche dalle figure 11, 12 e 15 nella speranza di carpire qualche utile informazione supplementare sulla macchia ma, nonostante la "ripulitura", non è un'impresa tanto semplice pronunciarsi sul cosa è o non è.
Comunque le figure 13, 14 e 16 ci mostrano i probabili "natural colors" del terreno locale. Molto interessante il fatto che non si vedono le cosiddette "sferule" e nemmeno formazioni simili a "pavimentazioni" come hanno ampiamente mostrato le immagini di Spirit e Opportunity. Preferiamo evitare di generalizzare anche su questo argomento dato che la sonda è fissa e non possiamo sapere cosa c'è oltre una certa distanza. Potrebbe esserci dunque uno strato di sale sotto la parte di superficie secca? Noi riteniamo di sì. Se Vastita Borealis fosse stata sommersa da un oceano d'acqua salata, per logica deduzione una parte di questo sale dovrebbe ancora trovarsi misto al suolo che una volta era sotto le acque. Allora niente ghiaccio d'acqua? Non è detto. Dipende dalla causa che provocò la ritirata degli oceani di Marte. Le ipotesi piovono a gogò sull'argomento, dalle più "razionali" e pragmatiche alle più esotiche. La nostra verte principalmente su eventi di natura gravitazionale ed elettrica i quali provocarono una rapida acidificazione dell'acqua con successiva dispersione e mineralizzazione. Naturalmente non si trattò di fenomeni limitati ad alcune aree del pianeta, ma a tutto il pianeta. Lo sconvolgimento fu totale e radicale, abbastanza da modificare l'atmosfera, la superficie e ogni cosa che viveva sopra. Ora come ora molte risposte - ed è curioso a pensarci bene - dipenderanno proprio dalla missione Phoenix:
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