I MARZIANI EDIFICANO CASE |
Fig. 1. PIA03640 sezione left. Credits NASA. Processing "natural
colors" by Pianeta Marte.net |
PREMESSA -
Il materiale che prenderemo in esame si discosta parecchio dalle "normali" considerazioni
tecnico-scientifiche generalmente rinvenibili sul web o su varie
pubblicazioni cartacee specializzate. A tal fine, per comprendere meglio
questi intriganti aspetti legati alla "Vita su Marte", vi suggeriamo di rileggere i precedenti
articoli del dr.
Alessio Feltri in modo da mantenere intatto il filo conduttore.
Fig. 2. PIA03640 sezione right. Credits NASA. Processing "natural
colors" by Pianeta Marte.net |
Iniziamo dunque la nostra
trattazione riallacciandoci a quanto segnalato nel corso di questi mesi da
diversi Lettori i quali - stando
alle loro impressioni personali - ci hanno chiesto come sia possibile
che i processi geologici marziani sembrino
quasi sfidare le leggi della Fisica. Alcuni stentano a capire il perchè
molte immagini di Spirit e Opportunity mostrino un così elevato numero
di strutture "naturali" ricche di lineamenti
ortogonali, sagome regolari e simmetriche.
E' ragionevole spiegare il
tutto con processi fisici esclusivamente convenzionali? Oppure
esisterebbe una sorta di matrice "intelligente" capace di
modellare la materia secondo criteri a noi sconosciuti?
Pertanto, la domanda che vorremmo
proporre come tema portante di questi due articoli è: con quali criteri
si potrebbe identificare uno o più segni caratteristici di quella
matrice biogenetica che opera sul pianeta rosso?
le casette dei marziani - Il dr.
Alessio Feltri ci ha già fornito un eccellente aiuto per comprendere
come la matrice biogenetica marziana si sviluppi e interagisca nell'ambiente
di quel pianeta; tuttavia è comprensibile che ipotesi del genere suscitino indifferenza e incredulità
fra il Pubblico. Forse, molti
pensano che l'Ente Spaziale più famoso e prestigioso - la NASA - avrebbe
dovuto
per certo sapere dell'esistenza di qualche genere di attività biologica
presente e "complessa", per cui ci si doveva o poteva aspettare
almeno uno stralcio di comunicato ufficiale. Ma le cose non sempre funzionano
secondo i canoni di chi vede cospirazioni ad oltranza e nemmeno secondo
i canoni di chi non vede proprio niente oltre le mere apparenze. E non
funzionano neppure in base ai canoni di chi non ha tempo, voglia e
pazienza di spremersi un po' per guardare oltre le summenzionate mere
apparenze.
La prima cosa che dovremmo imparare a fare
quando si studiano le immagini dei rover Spirit e Opportunity (idem per
le Viking 1 e 2, per la Mars Pathfinder e per la Phoenix) è quella
di stabilire cosa accomuna le "rocce" fra loro, altrimenti si rischia di
vedere solo pietre e basta. Abbiamo scelto la zona di Husband Hill non
solo perchè segnalataci da un nostro Lettore, ma sopratutto perchè - di nostra vecchia conoscenza -
questa vasta regione di Marte racchiude un vero scrigno di curiosità.
Fig. 3. PIA03640 - sezione 1 |
Fig. 4. PIA03640 - sezione 2 |
Fig. 5. PIA03640 - sezione 3 |
L'immagine
ad alta risoluzione denominata PIA03640 è stata
suddivisa in 9 sezioni allo scopo di renderne più agevole la visione. Dunque,
per quale motivo abbiamo definito le "rocce" con il termine "case"? La
ragione evidentemente sta nel fatto che un considerevole numero d'esse
sarebbero in realtà gusci di origine biologica (in inglese la parola "guscio" si traduce con "shell").
I riquadri colorati ci permetteranno di classificare più facilmente alcune
basilari peculiarità di questi gusci. Vediamo.
Fig. 6. PIA03640 - sezione 4 |
Fig. 7. PIA03640 - sezione 5 |
Le marcature
con riquadro rosso
definiscono i gusci provvisti di un curioso foro ben visibile.
Si noti che, a parte qualche lieve differenza, sembrerebbe uguale
quasi dappertutto benché alcuni gusci siano provvisti di foro più ampio.
E' probabile che numerosi altri gusci rocciosi abbiano il
medesimo tipo di foro, ma risulta invisibile perché coperto dalla
polvere oppure perché ubicato in punti inaccessibili alla fotocamera di Spirit. Le marcature
con riquadro
verde
definiscono i gusci fratturati. Generalmente la frattura è unica, ma
talvolta si trovano gusci frantumati in pezzi minori. Le marcature
con riquadro
fucsia
definiscono i gusci tendenti ad inarcarsi, assumendo tratti curvi o a
cavità. Le marcature
con riquadro
blu
definiscono i gusci a "totem". Si faccia caso che questo genere di
strutture sono molto diffuse nella documentazione fotografica. Sebbene
le forme possono variare i tratti di base rimangono comunque gli stessi. Le marcature
con riquadro
azzurro
definiscono i gusci aventi una strana forma a barchetta, o ferro da
stiro o scarpa. Anche qui ci possono essere delle varianti, ma i tratti
di base sono i medesimi.
Fig. 8. PIA03640 - sezione 6 |
Fig. 9. PIA03640 - sezione 7 |
Di primo
acchito potremmo
semplicemente liquidare tutte queste analogie caratterizzanti le
"rocce" marziane con manifestazioni di processi puramente geologici, ma dovremmo
allora tener conto che - in base alle attuali conoscenze - tali processi sarebbero
perlopiù di modesta entità a motivo dell'attività interna del pianeta
irrisoria, a causa dell'estrema rarefazione atmosferica e per l'inconsistente erosione idrica. Diversamente faremmo meglio a rivedere
i summenzionati preconcetti e cercare altre spiegazioni. Forse, osservando
qualche paesaggio roccioso terrestre noteremmo alcune delle medesime
peculiarità inducendoci a concludere che tutto
sommato si tratta di semplici casualità e coincidenze, frutto di
processi naturali. Ciò nondimeno, dovremmo rammentare un particolare
importante: la Terra pullula di vita.
Niente sfugge all'incredibile capacità di cambiare e modellare
l'ambiente terrestre ad opera delle innumerevoli forme di vita
presenti sul nostro pianeta, oltre ovviamente ai processi
idrogeologici.
Fig. 10. PIA03640 - sezione 8 |
Fig. 11. PIA03640 - sezione 9 |
Ma, a proposito
di processi geologici, si potrebbero menzionare anche la formazione dei
cristalli oppure l'ossidazione di molti
minerali, l'erosione prodotta dall'azione modellatrice del vento e dell'acqua (o di altri liquidi), il modellamento dato da flussi
lavici in concomitanza di eruzioni vulcaniche o violenti sismi, la
trasformazione di composti minerali in altri dovuta ad inesorabili
processi chimici. Certamente fattori i quali saranno stati responsabili delle caratterizzazioni intrinseche di
un gran numero di rocce marziane, ma non
di tutte e nello stesso modo. Sicché una spiegazione ragionevole rimane
quella offerta da processi di natura biologica. Qualcosa che ben poco ha
a che fare con la cosiddetta "vita elementare".
Fig. 12. PIA03640: acune forme ricorrenti assunte
dalle "rocce" (in realtà "gusci", "shell") che ricoprono
la superficie intorno a Husband Hill. Tali "rocce"
comunque sono visibili ovunque i moduli dotati di
fotocamere siano atterrati. |
La figura 12
qui sopra ci offre un riassunto chiarificatore di quanto finora trattato e
aggiunge inoltre altre tipiche strutture molto ripetitive fra i gusci
marziani:
le forme pseudo piramidali, le forme ortogonali (spesso tendenti al
parallelepipedo) e le "casette". Per chi avesse comunque voglia di
dedicarsi alla catalogazione dei gusci marziani avrà modo di
constatare come la forma a "tetto" sia molto diffusa. Lascia quasi
stupiti! Pertanto, a meno che non crediamo ai simpatici Puffi dalla
pelle blu o ai nanetti di Biancaneve, ci sarà pure una spiegazione
ragionevole...
Fig. 13. Confronto fra l'immagine PanCam PIA03640
ad alta risoluzione e una NavCam relativa al sol 671. La
corrispondenza nel complesso regge, quindi possiamo ritenere
il materiale NASA sufficientemente attendibile al fine della
nostra analisi. |
I
MARZIANI SONO EQUILIBRISTI E PIGNOLI - Ci sono poi altre
peculiarità fra queste "rocce" le quali sfidano la nostra logica. Ne
abbiamo segnalato uno in figura 8 con riquadro giallo che mostra una di
queste "pietre" appoggiata su un fianco, mentre invece avrebbe dovuto
poggiare sull'intera base inferiore. Ma questo è poco... Negli archivi
NASA di Spirit e Opportunity se ne possono contare innumerevoli altre
fotografate in
posizioni ancor più assurde, tant'è vero che meriterebbero il nome di
"rocce acrobatiche". Qui sotto in figura 14 ci sono altri tre esempi di
come i gusci tendono spesso ad orientarsi e poggiare al suolo con
ulteriori equilibri non del tutto ovvi per delle comuni pietre. E...
attenzione: non è solamente una questione dovuta all'inclinazione del
terreno perchè in effetti sembrano come "incollate" su un punto specifico.
Fig. 14. Sezione tratta dal fotogramma PIA11746 - Credits NASA. Elaborazione "natural colors" by Pianeta
Marte.net |
Un'altra
affascinante caratteristica di questi gusci è la dislocazione e
sistemazione sulla superficie. E' vero che nelle zone pianeggianti essi
abbondano in gran numero, ma ancora più straordinaria è la loro
distribuzione sui pendii verso la cima di molte colline, come si evince
dalle immagini di Spirit e Opportunity. La figura 15 qui sotto ne
costituisce un eccellente esempio. Anche in questo caso si potrebbe
comunque optare per una spiegazione convenzionale, tenendo conto del
fatto che le "pietre" forse sono lì da tempi immemori e venute allo
scoperto a causa dell'incessante azione del debole vento marziano che
avrà smosso la polvere che le ricopriva.
Dovremmo
allora chiederci quale destino avrà subito tutta la polvere smossa da
una parte all'altra e finita chissà dove, anche perchè non può essere
scomparsa per magia. In altre parole: la polvere verrà sollevata,
trasportata per una certa distanza (e quota), ma poi alla fine,
ricadendo al suolo, andrà a coprire qualcos'altro. Pur volendo restare
pragmatici e razionali, viene un po' difficile credere che il vento
abbia soffiato sempre e soltanto in un unica direzione, con la stessa
forza ed alla stessa velocità per eoni di anni. Dunque siamo sempre al
punto di partenza: le leggi fisiche che governano i processi
geomorfologici non sono assoggettate ai nostri capricci ideologici.
Fig. 15. PIA03640. Si noti come i gusci tendano a
raggrupparsi e sistemarsi prevalentemente a ridosso delle
colline piuttosto che alle pendici, come ci si aspetterebbe
da massi rocciosi che cadono dall'alto verso il basso.
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Soffermiamoci sull'immagine ad alta risoluzione
PIA11746 relativa alla regione di
"Home Plate" perchè le curiosità non mancano affatto. Anche
qui abbiamo ad esempio: 1) alcune "rocce"
in posizione di equilibrio traballante; 2) abbiamo poi
"rocce" che sembrano volgere la faccia in una determinata direzione (a
dispetto di altre) e raggruppate come se fossero del medesimo "ceppo
familiare"; 3) abbiamo
svariati gruppi isolati di "rocce" dalle caratteristiche simili fra
loro; 4) abbiamo "rocce"
che sembrano formare "coppie".
Infine, last but
not least, abbiamo l'evidenza di come queste "rocce" si siano sistemate,
orientate e disposte secondo determinati schemi di percorso lungo i
pendii delle colline. Tra l'altro, la spiegazione generalmente accettata
sulla loro natura è che si tratti di rocce ignee e basaltiche
(praticamente di origine vulcanica). Cliccando sulle figure 16 e 17 si
avrà la possibilità di osservare bene le linee di marcatura in rosso che
abbiamo tracciato per aiutare l'osservatore ad orientarsi nel seguire la
dislocazione di queste "rocce". Ovviamente non disprezziamo la
spiegazione convenzionale, ma riteniamo che non soddisfi pienamente
tutti i crismi che l'analisi in chiave geologica imporrebbe. Mancano, ad
esempio, tracce di percorsi lavici (fossero anche antichi e parzialmente
nascosti o deteriorati); mancano evidenze di tubi di lava solidificati;
mancano tracce e/o residui di condotti eruttivi, bocche effusive,
crateri vulcanici; mancano evidenze di colonne laviche di varia natura e
forma.
Abbiamo invece
pianure e colline - nemmeno troppo alte - disseminate da queste "rocce".
Al limite ci si poteva aspettare che la maggior parte d'esse fossero
ubicate (cadute) in massa giù alle pendici delle suddette collinette.
Invece no: le troviamo praticamente ammucchiate sui pendii, a ridosso
delle vette, seguendo percorsi oltretutto non del tutto conformi alle
linee di flusso di ipotetiche emissioni laviche avvenute eoni fa (o
magari anche in epoche più recenti). In sostanza sembra quasi di vedere
"pietre" che sfidano le leggi fisiche - compresa la legge di gravità -
tant'è vero che le potremmo definire "rocce rampicanti".
Fig. 16. PIA11746 sezione "left" - Credits NASA.
Elaborazione "natural colors" by Pianeta Marte.net
Fig. 17. PIA11746 sezione "right" - Credits NASA.
Elaborazione "natural colors" by Pianeta Marte.net |
STRUTTURA, COMPOSIZIONE E FUNZIONALITA' DEL GUSCIO -
A rischio di diventare antipatici e ripetitivi ribadiamo ancora una
volta che se ci
limitassimo a guardare alcune delle innumerevoli "rocce" marziane
fermandoci però alle sole apparenze in effetti non vedremmo altro che
comunissime pietre, ne più ne meno di quelle terrestri. Perciò, il punto da rivalutare
è cosa noi intendiamo con il concetto di "processo formativo geologico".
Pertanto, volendo ancora fare l'ennesima noiosa ripetizione, sappiamo che le rocce di piccole-medie dimensioni possono originarsi dal raffreddamento
di materiale lavico depositato o eiettato, dalla frantumazione di grandi
massi durante certi violenti sismi, dalla
sedimentazione causata dal flusso di liquidi (come nelle stalattiti e
nelle
stalagmiti),
dall'erosione (idrica ed eolica) la quale provoca gradualmente la
frantumazione di grossi fronti rocciosi e infine
da svariati generi di reazioni chimiche (si pensi ai composti minerali
che si formano da combinazioni fra ossigeno, zolfo, calcio, azoto,
potassio ecc...). Non resta quindi che considerare l'eventualità di
un'origine biogenetica di alcuni tipi di strutture apparentemente simili
alle comunissime rocce. Potremmo definirla
"sedimentazione biologica".
Fig.18 Rappresentazione schematica di guscio
connesso (Credits: dr. Alessio Feltri) |
La figura 18 consiste in una rappresentazione schematica
(realizzata dal dr. Alessio
Feltri) di un tipico guscio marziano con
filamenti organici posti alla base i quali si connettono alla più vicina
diramazione della rete tubolare globale (che tratteremo nel prossimo
articolo). Come si può notare, il canale centrale
si ramifica e permette di captare l'acqua. L'interno dei gusci dovrebbe
essere sostanzialmente cavo per cui verrebbe da pensare
che "qualcosa" si potrebbe nascondere in questa sezione.
Lasciamo che il dr. Alessio Feltri
schematizzi e metta in ordine la descrizione dei gusci marziani:
Perchè parlare di
"gusci" o "casette" e non di pietre?
-
Perchè sono strutture
cave.
-
Perchè la forma è
simmetrica e sempre uguale.
-
Perchè quando schiacciati
dai rover si frantumano facilmente e secondo linee di frattura
regolari.
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Perchè rivelano sempre una
struttura reticolare sotto un sottile strato superficiale.
-
Perchè sono più
frequenti sui crinali delle "colline" che alla base delle
stesse.
-
Perchè risultano
sempre associati a reticoli fibrosi subsuperficiali, talora
lineari e talora radiali.
Ma se sono gusci di origine
biologica, come nascono, crescono e muoiono le forme di vita che
li formano e li abitano?
-
Nascono da placche saline
subtriangolari, con una delle facce rivestita da piccoli
"villi" semitrasparenti e dotati di mobilità.
-
Al centro dei villi
cresce un tubicino biancastro che si conficca nel
terreno trascinando la placca in posizione verticale.
-
Quando il tubicino trova
l'acqua, fuoriesce dal terreno arcuandosi e sviluppando
simmetricamente filamenti interconnessi a reticolo.
-
L'acqua accumulata nei
filamenti evapora e lascia un deposito salino che compatta
il reticolo ed ha uno spessore di circa 1-2 mm.
-
Sulle pareti interne del
guscio così formato si addensano "villi" del tutto analoghi
a quelli della placchetta generatrice.
-
All'interno del guscio,
tra i "villi" crescono numerosi altri tubicini biancastri
che si inviluppano secondo schemi la cui natura è
sconosciuta.
-
Il guscio risulta quindi
"sospeso" al tubicino principale a pochi centimetri dal
terreno e quando sembra posato a terra è perchè il sedimento
è cresciuta fino ad annullare la suddetta distanza.
-
Il guscio presenta linee
di crescita, in corrispondenza delle quali il tubicino
principale varia l'angolazione rispetto al terreno e i
filamenti creano un setto verticale trasversale, il
quale forma una sorta di "camera" all'interno del guscio.
-
Quando viene a mancare il
rifornimento di acqua e nutrienti anche le forme interne al
guscio seccano e si fossilizzano.
Fig. 19. Come
i gusci crescono sulla superficie marziana. Immagini credits NASA; elaborazione dr. Alessio Feltri |
Nel prossimo articolo parleremo
più approfonditamente di "qualcosa" che talvolta appare ben visibile
radente sotto la sabbia, qualcosa di simile a filamenti i quali collegano i
gusci fra di loro abbastanza da farci ritenere che: 1) tali
filamenti costituiscano la base portante sulla
quale i gusci si sviluppano e crescono a prescindere poi dalla
forma che assumeranno; 2) non sarebbe da escludere
che all'interno del guscio si annidi una colonia di microrganismi
responsabili della "fabbricazione" della medesima crosta, i quali
operano sfruttando i piccoli filamenti che si dipartono dal canalino
centrale per
attingere acqua e sali minerali, svolgendo in altre parole un lavoro in
simbiosi reciproca; 3) i gusci dovrebbero allora essere composti da una
crosta di sale e altri minerali presenti nel suolo di Marte.
Fig.20. La
similitudine strutturale fra questi "boulders" ubicati
rispettivamente in località così diverse fra loro è
particolarmente interessante se vista sotto il profilo
biogenetico. In sostanza, piuttosto che "bombe vulcaniche"
eiettate da chissà dove questi sarebbero invece sedimenti
biologici fabbricati da microrganismi marziani tutt'altro
che fossili o estinti da milioni e milioni di anni.
Fig.21. Anche
questa serie di immagini Viking evidenziano la costante presenza dei
medesimi sedimenti rocciosi di probabile matrice biologica i quali
mantengono spesso la forma a casetta, a tetto ecc...
|
LE ROCCE DI MARTE SONO DUNQUE
TUTTE DI
ORIGINE VULCANICA? - Abbiamo notato che, talvolta, immagini come
quelle proposte in fig. 20 vengono etichettate con frasi fatte del tipo
"rocce basaltiche aventi milioni e milioni di anni", ragion per cui sarebbe
sensato non fermarsi esclusivamente a simili preconfezionamenti e
valutare magari qualche altra ipotesi. Tra l'altro, si noti per
l'ennesima volta come queste "pietre" assumano posizioni d'equilibrio
sostanzialmente poco verosimili in riferimento alla suddetta figura 20 e
all'estratto di un frame Opportunity del sol 1131. A meno che l'intero pianeta
Marte non fosse stato un vulcano capace di lanciare bombe laviche
dappertutto, viene un po' difficile credere che la costante presenza di
frammenti rocciosi debba essere attribuita a fenomeni geologici fra cui
quelli eruttivi senza considerare altre possibilità, fossero anche più "esotiche".
D'altronde, la ricchissima
documentazione fotografica degli archivi NASA mostra
inequivocabilmente moltissimi canali e tubi di lava raffreddati,
depositi lavici e quant'altro che però il più delle volte sono ubicati a
distanze elevate dai siti di atterraggio delle sonde Pathfinder, Viking
1 e 2, Spirit, Opportunity e Phoenix. Si noti anche la situazione
alquanto paradossale tra l'immagine del sol 2549 (a destra in fig. 20) e quella delilander Viking (fig.
21): come è possibile trovare un frammento eruttivo
solitario lanciato da chissà dove e, contemporaneamente, un'intera
regione seminata in modo così capillare e quasi uniforme da rocce
presumibilmente di origine vulcanica? Eruttate da dove? E come ci sarebbero
arrivate?
Ecco perchè noi preferiamo non
andare a nasconderci sempre dietro alle classiche frasi fatte dei
"milioni e miliardi di anni fa" in quanto nel passato si riesce spesso a
infilarvi di tutto ed il contrario di tutto. Non potendo il passato
essere esplorato direttamente viene allora facile disseminarlo di
qualsiasi teoria etichettata poi come "scientifica" o "pseudo scientifica".
Suggeriamo invece ai nostri Lettori di andare su Google e digitare le
parole chiave "vulcanismo", "vulcano/i", "eruzioni vulcaniche" e simili in
modo da poter visionare la notevole ed eccellente quantità di documenti
che spiegano piuttosto bene i meccanismi che regolano i fenomeni
vulcanici.
In ultima analisi, non è affatto
semplice stabilire con assoluta certezza quanti dei frammenti rocciosi
giacenti sulla superficie di Marte siano effettivamente gusci di origine
biogenetica oppure comunissime rocce di origine vulcanica, sedimentaria
o altro. La soluzione più ragionevole è che vi siano tanto le une quanto le altre,
ma non sappiamo in che proporzioni, cioè non possiamo pretendere di
sapere se le comuni rocce sono in quantità maggiore rispetto ai gusci o
viceversa.