Da migliaia di anni l'uomo cerca di
conoscere i corpi celesti e tenta di spiegarne l'origine. Senza
dilungarci in lezioni di storia e mitologia, vogliamo qui riassumere
alcuni concetti cardine di tali visioni del sistema solare.
Come avevamo già sottolineato, il geocentrismo fondamentalmente era
basato sul principio geostatico: la Terra come luogo fisso ed immobile,
poggiante su elefanti che poggiavano a loro volta su una tartaruga che stava sul mare.
Vi era pure il geocentrismo basato su una Terra sorretta nelle spalle di
Atlante. Altre popolazioni (oltre ai Greci) possedevano la loro idea
geocentrica della Terra con relativi punti d'appoggio. Quindi venivano
sistemati i corpi celesti (considerati per lo più come divinità o loro
emanazioni) sopra la Terra, incastonati su un indefinito firmamento
immutabile che le ruotava attorno. I pianeti allora riconosciuti erano
anzitutto il Sole e la Luna, poi Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno.
Ma il sistema geocentrico costituiva
veramente un "sacro dogma" per le antichissime popolazioni? In realtà no;
lo avevamo accennato nel capitolo dedicato alla nascita del sistema
solare.
La civiltà dei Sumeri si
sviluppò nella Mesopotamia poco dopo il cosiddetto "Diluvio Universale"
verificatosi, secondo la tradizione dell'Antico Testamento, verso il 2370 a.E.V. L'origine di questo popolo non è del tutto chiara e,
al riguardo, vi sarebbero
svariate correnti di pensiero. Tuttavia, se è vero che la razza umana si
sviluppò dalla progenie di Noè (personaggio peraltro discusso e ritenuto
un mito) dovremmo supporre che questi ne fossero parenti abbastanza
vicini. I Sumeri riuscirono in qualche modo a carpire
informazioni e conoscenze della vita antidiluviana, mediante le quali
edificarono il loro pantheon di
divinità e credenze alquanto controverse e per certi aspetti strane. Pare
che avessero una concezione del Cosmo e dei pianeti piuttosto diverse
rispetto ai popoli loro vicini. Infatti, secondo una recente traduzione ed interpretazione della cosiddetta "Epica della Creazione"
i Sumeri avrebbero descritto la nascita del nostro sistema
solare, come sostenuto dal dr. Zecharia Sitchin. E' chiaro che gli
scritti e le idee del dr. Sitchin sono ritenute poco affidabili dalla
maggioranza degli storici più pragmatici e scettici, ma si tratta di
opinioni soggettive.
I Sumeri sembra che
avessero una conoscenza di 12 pianeti (Sole e Luna compresi). Ci
domandiamo tuttavia se alcune delle interpretazioni proposte dal dr. Sitchin siano davvero coerenti da un punto di vista scientifico visto che
(per fare un esempio) le informazioni elaborate nel libro
"Il Pianeta degli Dei" risalgono più o meno alla seconda metà degli anni
70 del XX secolo. A quel tempo la nostra conoscenza del sistema solare era
decisamente inferiore rispetto ad oggi. Non sapevamo che Plutone avesse una
luna geosincrona; non sapevamo degli anelli di Urano e Nettuno, ne della
grande macchia scura di Nettuno. Molte "lune" dei pianeti
gassosi furono scoperte durante gli
anni 80. Gli oggetti della fascia di Kuiper sono di recente
individuazione ecc... Le ricerche del dr. Sitchin tuttavia sono
estremamente interessanti se le cogliamo nel loro "spirito": i Sumeri non
credevano nel sistema geocentrico e riuscirono persino a creare un
surrogato di civiltà moderna. Probabilmente se spulciassimo
nell'antichissima cultura Veda non dovremmo sorprenderci di trovare
qualche elemento cosmologico piuttosto "moderno" anche in quel contesto.
Occorre tuttavia prestare attenzione a non farci trarre in inganno dalle
interpretazioni delle tavolette di pietra contenenti rappresentazioni
varie prodotte dai Sumeri. Volendo adottare un metodo analitico pragmatico
tali rappresentazioni potrebbero dire tutto e niente.
Ai
nostri giorni
La concezione odierna del sistema solare
contiene molti presupposti basati sulla Teoria dell'Evoluzione e nozioni
acquisite dalla geologia terrestre come il gradualismo. Sebbene
alcuni scienziati hanno ipotizzato l'eventualità di impatti violenti tra
proto-pianeti, questi vengono sempre relegati ai primordi del sistema
solare.
In ogni caso oggi il sistema solare viene riconosciuto così: Sole, Mercurio,
Venere, Terra, Marte, Asteroidi, Giove, Saturno, Urano, Nettuno,
fascia di Kuiper contenente i "pianeti nani" tra i quali anche Plutone e,
per ultima,
l'ipotetica Nube di Oort. Che dire a proposito dell'esistenza di pianeti
massicci a distanze elevatissime dal sole, molto oltre l'orbita di
Plutone? Noi non lo escludiamo affatto. Qualora esistano sarebbero
comunque corpi bui e completamente congelati, ma in grado di produrre
qualche effetto rilevante qualora una moltitudine di frammenti misti di
roccia e ghiaccio occupasse quel freddo spazio. Abbiamo però tralasciato
di elencare altre caratteristiche strutturali. Nelle teorie tradizionali
la struttura del sistema solare nel complesso sarebbe rimasta la stessa
dall'inizio fino ad oggi.
Il
modello di Meta Research
Recentemente il prof. Tom Van Flandern ha
pubblicato una serie di studi nel suo sito
www.metaresearch.org nei quali ipotizza una struttura
originale del sistema solare leggermente diversa da quella oggi conosciuta. In sostanza Mercurio era un satellite di Venere, successivamente
sfuggitogli. Marte era il satellite di un pianeta che si trovava nello
spazio dell'attuale fascia degli asteroidi. Tra l'altro Van Flandern ipotizza
pure che vi fossero
stati due pianeti in quella fascia e che andarono entrambi distrutti per
cause sconosciute o quanto meno naturali. Plutone era un satellite di Nettuno sfuggito dalla sua
originale orbita, mentre nella fascia di Kuiper c'erano forse due pianeti andati
distrutti anch'essi per cause presumibilmente naturali.
Il
modello Velikovsky/Ackerman
Interessante è pure il paradigma "Velikovsky/Ackerman". In pratica non esistevano
Mercurio e Venere, mentre Marte era situato in un'orbita analoga a quella
oggi occupata da Venere; oltretutto Marte aveva dimensioni quasi pari a
quelle terrestri. In questo paradigma
pare che a formare gli asteroidi fosse proprio quell'impatto su Giove
che determinò la nascita di Venere poche migliaia di anni fa, mentre gli
anelli di Saturno sarebbero stati prodotti da impatti che espulsero nello
spazio saturniano grandi quantitativi di acqua.
Dunque, Venere entrò in un'orbita
fortemente ellittica, trasformandosi un una specie di taxi
interplanetario: in pratica catturava Marte e lo cedeva alla Terra, poi lo
riportava successivamente nela sua posizione "naturale". Il tutto per
circa 3000 anni. In queste catture Terra e Marte si trovavano a orbitare
in modo geosincrono con l'aggiunta di fenomeni estremi tra cui la
separazione del nucleo di Marte dal "guscio". Durante l'ultima cattura il
nucleo marziano non si riunì con il resto del pianeta dando così origine
al pianeta Mercurio.
Venere, alla fine, esaurita la sua
ellitticità, si posizionò proprio dov'è oggi; Marte invece si allontanò
parcheggiandosi nella sua attuale orbita ma, privo del nucleo, collassò
nel medesimo guscio esterno che divenne il pianeta rosso e piccolo che
conosciamo.
Il modello di Pianeta Marte.net
Mercurio e Venere non esistevano. I "Gemelli" Terra-Marte, legati in un sistema binario,
erano dunque la coppia di pianeti più vicini al nostro astro. La loro distanza dal sole
consentiva di descrivere
orbite perfettamente circolari in equilibrio sole-pianeta-pianeta che
duravano 360 giorni. I
"Gemelli" ruotavano in un baricentro comune che, a motivo della maggiore
massa terrestre, era situato più vicino alla Terra. La coppia
Terra-Marte era formata da due pianeti aventi rispettivamente rotazione
pari a 24 ore circa, asse di rotazione allineato all'eclittica,
un periodo di
rivoluzione solare di 360 giorni e un periodo orbitale lunare di 30
giorni. Per tale ragione i "Gemelli" formavano un eccezionale calendario naturale. Entrambi i
pianeti possedevano rispettivamente un nucleo di ferro-nichel dotato di campo magnetico
che, interagendo tra loro, creavano un'efficiente
barriera da raggi cosmici e radiazioni solari dannose. Le rispettive attrazioni
gravitazionali produssero il tipico schiacciamento polare; inoltre la
marea gravitazionale produceva nei rispettivi mantelli un costante effetto
dinamico che li manteneva sempre elastici e fluidi. Poichè Marte era più
piccolo della Terra, esso avrebbe subito col tempo un raffreddamento più
rapido ma, non a caso, riceveva un maggiore effetto di torsione
gravitazionale.
Ad una distanza praticamente doppia dei
Gemelli esisteva un pianeta, ma non sappiamo se avesse satelliti. Come era questo pianeta?
Anche qui non siamo in condizioni di formulare ipotesi campate per aria. Quindi preferiamo astenerci
dall'inventarci cose che nemmeno noi sappiamo giacché stiamo navigando in
un mare di speculazioni decisamente difficili da dimostrare. Certamente andò distrutto
per cause che in questa sede preferiamo non trattare.
Al doppio della distanza di questo
pianeta c'era Giove con le sue lune e, secondo la nostra ipotesi, un
sistema di anelli di tutto rispetto.
Ad una distanza doppia di Giove c'era
Saturno con le sue lune e i suoi anelli ed assomigliava molto a Giove per dimensioni,
caratteristiche, composizione e rotazione.
Al doppio della distanza di Saturno c'era
Urano con le sue lune e i suoi anelli. Non sappiamo se l'asse di rotazione
di Urano era inclinato tanto per qualche fenomeno di natura sconosciuta o
se lo era di sua natura.
Ad una distanza doppia di Urano c'era
Nettuno con le sue lune e i suoi anelli. Anche questo pianeta aveva in
comune con Urano dimensioni, caratteristiche, composizione e rotazione.
Non siamo in grado di stabilire se siano esistiti altri
pianeti al doppio della distanza di Nettuno o se ce ne siano. Lo
supponiamo, ma non abbiamo elementi probatori sufficienti a confermarlo. Il
sistema solare nel nostro modello era caratterizzato da una evidente
perfezione matematica, strutturale, persino artistica. Era bello ed
efficiente; pulito e privo di grossi detriti vaganti potenzialmente
pericolosi per i pianeti stessi. Era stabile e in equilibrio di forze
gravitazionali ed elettromagnetiche.
L'origine di
Plutone-Caronte
Il dr. Sitchin sostiene che Plutone fu
un'antica luna di Saturno, ma le scoperte effettuate non sostengono tale
affascinante ipotesi. La dr. Robin Canup sostiene che Plutone e Caronte
furono il risultato di un impatto tra corpi della fascia di Kuiper;
tuttavia l'idea che da due corpi indefiniti si formino due corpi in moto
geosincrono, benché molto accattivante, sembra alquanto tirata e "ad hoc".
La nostra ipotesi invece verte su un evento violento abbattutosi sulla
superficie di Nettuno. La deflagrazione esplosiva fu tale da eiettare
nello spazio un'enorme quantità di materiale, formando così una specie di nube
planetaria. Essa però si trovò a subire due effetti opposti: la spinta di
fuga verso l'esterno e, contemporaneamente, l'attrazione gravitazionale di
Nettuno. Questa massa gassosa iniziò allora a roteare su se stessa
ed in breve tempo si costituirono due nuclei di aggregazione i quali, però,
conservarono il momento angolare originale. E' chiaro che prevalse la
spinta di fuga.
I due nuclei collassarono a motivo
della loro stessa gravità e continuarono a roteare su se stessi in modo
perfettamente sincronizzato. L'orbita strana del sistema Plutone-Caronte
dovrebbe servirci da indizio per intuire la sua effettiva origine:
Nettuno. Allo stesso modo anche la presunta composizione della coppia
dovrebbe indicarci la provenienza della materia prima: Nettuno. La grande
macchia scura di Nettuno potrebbe essere il residuo di
quella terribile esplosione.
L'origine di Venere
Normalmente dovremmo ritenere che Venere
sia nato come gli altri pianeti del sistema solare, ma vi sono tre fattori
curiosi sui quali riflettere: 1) La rotazione di Venere è retrograda. Già questo non è
molto coerente in considerazione di un collasso gravitazionale uniforme, nel
quale il disco di polveri e gas avesse seguito un unico moto stabile.
Anche Urano, tuttavia, possiede egualmente una rotazione retrograda. 2) La
rotazione di Venere è così lenta che non si capisce se effettivamente sia
nato vicinissimo al sole o in altro modo. Nemmeno Mercurio ruota così
lentamente! Infatti, quanto più un corpo planetario orbita vicino alla
stella tanto più le forze di marea dovrebbero col tempo porre rotazione e
rivoluzione in sincronia. D'altra parte, volendo ragionare in modo
pragmatico, potremmo ritenere irrilevanti queste caratteristiche e
classificarle come "peculiarità" planetarie e nulla più... Per il resto
Venere è un pianeta roccioso di tipo "terrestre".
L'ipotesi che Venere sarebbe un pianeta
giovanissimo, addirittura formatosi circa 6000 anni fa come sostenuto nel paradigma Velikovsky-Ackerman,
lascia un po' interdetti perchè stravolge totalmente le moderne concezioni
sull'evoluzione dei sistemi planetari, talché un'idea del genere molto
difficilmente sarà mai accettata dalla Comunità Scientifica. Però, dal
nostro punto di vista, anche le migliori teorie attuali, coadiuvate da
aggiornatissimi dati acquisiti con mezzi orbitali, fanno di queste
teorie "solamente" delle versioni più aggiornate e, magari, più efficienti
delle medesime. E resteranno sempre e comunque buone teorie. Da qui ne
consegue la nostra regola riassuntiva:
"Sostenere che la
formazione di un pianeta possa/debba verificarsi per collasso
gravitazionale da un disco di materia interstellare e/o sostenere che la
formazione di un pianeta possa/debba verificarsi attraverso l'estrusione
di materia di un altro pianeta costituisce due modi per descrivere la
formazione di un pianeta".
Per rendere il concetto ancor più
efficace pensate proprio alla teoria relativa alla formazione della Luna
comunemente definita "Teoria della Collisione". Ne abbiamo già parlato
parecchio, ma adesso osservatela da questa prospettiva: "Un impattatore
delle dimensioni di Marte colpì la giovane Terra con una forza sufficiente da provocare
un'estrusione di materiale dal quale si formò la Luna". Ed ora passiamo a
Venere: "Un grosso impattatore vagante colpì in pieno la "superficie" di
Giove provocando un'estrusione di materia dalla quale si formò il pianeta
Venere".
Come avrete ben notato le due teorie sono,
nella sostanza, molto simili, anche se esistono ovviamente delle importanti considerazioni di
natura chimica, gravitazionale e dinamica di cui tener conto. Ciò nonostante quella relativa
alla Luna, per quanto complicata e altamente improbabile, è stata accettata quasi
all'unanimità. La teoria alternativa sulla formazione di Venere, invece, è
stata osteggiata sin dall'inizio. Perchè? Forse uno dei (tanti) motivi
risiede proprio nell'improbabilità che un pianeta si formi nei pressi di
un altro, peraltro abbastanza lontano dal sole, per poi "spostarsi" ed
entrare a descrivere un'orbita praticamente circolare e ad una distanza
assai vicina al sole. In effetti è un evento, diciamo, molto
improbabile, ma non impossibile. Quindi non ci sono ragioni valide per
escluderlo a priori.
Dal nostro punto di vista, l'ipotesi
proposta nel modello Velikovsky/Ackerman è verosimile non tanto perchè
affermato da questi Studiosi, ma perchè potrebbe essere una teoria tutto
sommato significativa e adatta a collocare Venere quale "pianeta anomalo e
neonato". Sulla sua evoluzione va bene applicare gli stessi principi che
caratterizzano i collassi gravitazionali in genere, pertanto la materia espulsa
dalla superficie di Giove entrò in rotazione e collassò entro breve
tempo dando origine ad una grande proto-massa il cui prodotto finale fu un pianeta di dimensioni, massa, gravità e densità
molto simili a quelle della Terra.
Che dire dei mutamenti della sua orbita?
Come spiegato nel modello Velikovsky/Ackerman, dapprima essa dovette
essere fortemente ellittica, ma col
tempo andava riducendosi perdendo energia inerziale ogni volta che
Venere giungeva al perielio, cedendo calore allo spazio esterno e raffreddandosi rapidamente.
Anche in questo caso abbiamo preferito questa spiegazione perchè risultava
essere più semplice ed efficace di altre; tuttavia abbiamo abbandonato
l'ipotesi parallela secondo cui Venere cedette l'attuale Luna alla Terra
durante un passaggio ravvicinato col nostro pianeta. Un evento del genere,
oltre ad essere altamente improbabile, è quasi impossibile proprio per
fattori legati alle leggi della meccanica celeste.
La nascita di Mercurio
Stando al modello Velikovsky-Ackerman la nascita di Mercurio è un evento che
potrebbe avere
quasi dell'assurdo. Esso sarebbe stato il nucleo di Marte che,
per fattori gravitazionali e magnetici, si trovò ad essere
separato dal resto del pianeta. Premesso che un fenomeno del genere è
estremamente improbabile non è tuttavia
impossibile. E' risaputo infatti che Marte perse il suo campo
magnetico in un periodo incerto della sua storia primitiva, miliardi di anni fa; questo è
almeno ciò
che sostengono molti scienziati impegnati nello studio del Pianeta Rosso.
Perlomeno una base credibile esiste. Tuttavia la fuoriuscita di un nucleo
planetario a distanza ravvicinata con la Terra senza produrre altrettanti
danni al nostro pianeta è di per se qualcosa di contraddittorio. Inoltre
resta comunque un evento troppo complicato da risultare plausibile anche
nelle migliori condizioni per cui abbiamo abbandonato anche tale ipotesi.
Certamente Marte dovette subire un evento
straordinariamente violento e capace di destabilizzare il suo campo
magnetico originale, se non addirittura tale da produrre una notevole
dispersione nello spazio di materiale interno, ma non da separare l'intero
nucleo dal "guscio".
Cosa poteva essere dunque Mercurio in
origine? Noi pensiamo che Mercurio era un pianeta delle dimensioni della
Terra che orbitava nella zona compresa tra Marte e Giove dove oggi
troviamo gli asteroidi. In altre parole Mercurio è il nucleo di un antico
pianeta andato distrutto. Gli asteroidi rappresentano solo una
minima frazione di tutta la massa espulsa nello spazio. Che ne fu di
questo nucleo planetario? Il neo-pianeta si spostò lentamente verso il
sistema solare interno. Dapprima si dilatò in modo rapido,
non essendo più sotto la pressione degli strati superiori del pianeta
originale, producendo così una nuova (ma minima) differenziazione chimica
dalla quale si crearono getti di materiale verso l'esterno. Alcuni di
questi frammenti ricaddero nella neo-superficie creando molti crateri
da impatto, ma è anche possibile che Mercurio, nella sua fase di
spostamento incontrò altri dei suoi stessi frammenti che impattavano
formando ulteriori crateri. Successivamente Mercurio subì una lieve
compressione globale; tra l'altro pare che fratture superficiali interpretate
da certi scienziati come compressioni della crosta esistano davvero.
In
conclusione...
Il modello da noi proposto circa il
passato del Sistema
Solare contiene probabilmente molti elementi decisamente strani e,
apparentemente, inaccettabili. Purtroppo non siamo nelle condizioni di
definire le nostre ipotesi "verità scientifiche" perchè in buona misura
esse sono frutto di interpretazioni alternative di dati. Pertanto il
lavoro, l'analisi, le ipotesi ed il materiale pubblicato dagli scienziati
sulla Storia e l'Evoluzione del Sistema Solare devono essere rispettate e
non ripudiate in modo sprezzante. Col tempo idee e concetti vengono sempre
aggiornati e riveduti, come abbiamo fatto noi e continueremo a fare. Per
raccogliere dati, immagini ed altro prezioso materiale sono stati spesi
tantissimi soldi; molti studiosi hanno sacrificato tempo e risorse per la
conoscenza dello Spazio. Ci vuole pazienza, tanta pazienza e amore per
questi affascinanti argomenti. In conclusione, dobbiamo ringraziare queste
persone se anche noi possiamo dire la nostra.
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